Numero 2/2013
A. Tomatis e la nascita dell'audiopsicofonologia
Concetta Turchi*
L’uomo diventa l’umano quando offre il suo corpo al linguaggio
che vuole penetrarlo per modellarlo sul proprio dire
e scolpirlo neuronicamente.
Alfred Tomatis (1993, p.40)
Ogni qualvolta entriamo in contatto con un altro essere umano la nostra voce veicola chi siamo veramente al di là delle parole e degli atteggiamenti utilizzati. Quanto siamo consapevoli del fatto che la nostra voce comunica a prescindere dalla nostra volontà e dai nostri propositi razionali? E soprattutto, siamo a conoscenza della correlazione esatta tra voce e capacità di ascolto?
Questo articolo, nel rispondere a queste domande, cercherà di offrire alcune conoscenze basilari sulla ricerca e sul metodo di Alfred Tomatis (1920-2001), fondatore della Audiopsicofonologia.
Studiando lo stretto rapporto esistente tra voce, ascolto ed evoluzione psicologica, il metodo Tomatis si propone di far recuperare quel desiderio di ascoltare che è alla base della comunicazione umana: di fronte ad un dolore psichico insostenibile la difesa estrema può comportare la perdita dell’ascolto; la persona continua meccanicamente ad udire, ma non ha più il desiderio di cercare suoni dentro e fuori di sé, non ha più motivazioni per una comunicazione vera e profonda, vale a dire umana.
Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra francese, sostenuto da un ambiente familiare canoro (il padre era un cantante lirico di buon livello) e da una caparbietà davvero sorprendente, negli anni ’50 del secolo appena trascorso mette insieme le osservazioni a partire dalla sua esperienza clinica sulle sordità professionali degli aviatori e sui disturbi della emissione vocale nei cantanti. Dopo ricerche sperimentali e cliniche enuncia le cinque leggi fondamentali dell’audiopsicofonologia:
- la voce emessa da una persona contiene solo quelle frequenze che il suo orecchio è in grado di ascoltare;
- Se si interviene correggendo le frequenze alterate migliora istantaneamente l’emissione vocale;
- è possibile trasformare la fonazione attraverso una stimolazione uditiva e mantenerla stabile nel tempo. La correzione delle frequenze alterate può avvenire attraverso una stimolazione specifica data da un Orecchio Elettronico (legge di rimanenza);
- l’orecchio destro e quello sinistro non sono identici; solo l’orecchio destro è direttivo e svolge una azione di controllo dei vari parametri del linguaggio (intensità, timbro, intonazione, inflessione, semantica);
- un individuo non necessariamente è in grado di riprodurre tutti i suoni che sente e questo dipende dalla selettività, cioè dalla capacità di analizzare i suoni e differenziarli.
Da queste leggi, depositate all’Accademia delle Scienze e all’Accademia di Medicina di Parigi nel 1957 e nel 1960, si può cominciare a intuire che l’orecchio non è fatto solo per udire, cioè per ricevere passivamente i suoni. Esiste una intenzionalità, cosciente e volontaria, che si esprime attraverso l’acquisizione di una postura in grado di attivare la messa in ascolto che ci permette di dirigere l’orecchio là dove vogliamo portarlo: è questa attivazione a determinare lo sviluppo psicocorporeo, l’acquisizione del linguaggio e l’evoluzione psichica della personalità.
Dall’udito all’ascolto: evoluzione filogenetica e ontogenetica
L’ascolto e l’udito sono quindi due funzioni differenti che hanno in comune gli organi sensoriali dell’orecchio. Mentre l’udito è un fenomeno passivo con una funzione fondamentalmente difensiva, l’ascolto è atto recettivo, quindi attivo, legato al desiderio di comunicare con un altro essere umano. Insomma, l’ascolto richiede la partecipazione di tutto il corpo e non solo dell’apparato uditivo.
Secondo Tomatis l’orecchio ha tre funzioni principali: energetica (attraverso l’attivazione del sistema reticolare troncoencefalico che stimola la corteccia cerebrale), uditiva (con la raccolta e la decodifica della qualità degli stimoli sensoriali che coinvolge il sistema limbico, sede della sfera emotiva) e di equilibrio (attraverso i nuclei vestibolari che regolano la statica e la cinetica del corpo). La funzione complessa dell’ascolto nasce progressivamente, sia su un piano filogenetico che ontogenetico, dall’integrazione di queste tre funzioni e implica, come dicevamo, l’intenzione di accogliere il mondo circostante acquisendo la postura che consente a tutto il corpo di entrare in risonanza con il mondo sonoro in cui si è immersi. E’ proprio l’aspetto recettivo dell’ascolto che consente di cogliere e rispondere a ciò che realmente l’altro sta comunicando, non solo riferendosi alle parole ma al senso che il suono stesso della voce veicola attraverso le sue frequenze.
L’orecchio è in realtà una sorta di unità di raccordo psicosomatico che svolge un ruolo di primo piano nell’evoluzione del Sistema Nervoso fin dallo sviluppo embrionale. E poiché l’ontogenesi riassume la filogenesi, può essere utile, per comprendere il significato evolutivo dell’orecchio, partire proprio da quest’ultima.
Dal primo abbozzo centralizzato dell’orecchio interno comparso nei pesci primordiali con la linea centrale sotto il comando dell’integratore olfattivo (vie nervose collegate all’olfatto) che determina un senso al flusso nervoso attraverso le cellule cigliate che la tappezzano, si passa alla formazione della vescicola otolitica prima e all’utricolo poi negli anfibi dove è direttamente l’integratore vestibolare a prendere il comando e a sviluppare un livello di volontarietà atta a dirigere il naso nelle varie direzioni. Nei rettili, oltre alla produzione di sassolini calcarei che si dispongono sui tre piani (orizzontale, frontale, verticale - proprio come i canali semicircolari dell’orecchio vestibolare maturo), compare anche il sacculo che si verticalizza rispetto all’asse del corpo dando la possibilità di un maggiore movimento della testa, anche se è solo con gli uccelli che la verticalizzazione del tratto cervicale della colonna diventa importante grazie alla comparsa della laghena, primo abbozzo della coclea; si fa strada, collegata all’area sensoriale della vista, un nuovo sistema integratore che gestisce tutto il sistema. Nei mammiferi la vista da monoculare si fa binoculare e, contemporaneamente, l’area dell’udito comincia a mandare le sue proiezioni sulla corteccia temporale del cervello. Nell’uomo infine la strutturazione della coclea, con la formazione dell’apparato di accomodazione da parte dell’orecchio medio (la catena degli ossicini con i due muscoli della staffa e del martello), permette la scelta del programma di ascolto da adottare.
Abbiamo visto così che gli organi di senso si strutturano e si completano per rispondere in modo sempre più adeguato e specie-specifico.
Nell'acquisizione di questa specificità che porterà verso l'umano, un ruolo fondamentale viene svolto dagli integratori cerebrali[1] che compaiono nell’ordine in funzione degli imperativi evolutivi: vestibolare, rinoencefalico, visivo, cocleare, piramidale.
- L’integratore vestibolare, il più antico su un piano filogenetico, controlla la struttura dinamica automatica che gestisce attraverso una organizzazione protopatica, cioè al di fuori del campo cosciente. Con il controllo che opera su tutte le funzioni motorie, assicura la stazione eretta (statica) e il movimento (cinetica) del corpo.
- L’integratore olfattivo è il primitivo organo con funzione di orientamento: l’integratore vestibolare lo porta, dietro uno stimolo, là dove vuole o dove è necessario andare.
- L’integratore visivo soppianta ben presto nell’uomo l’integratore olfattivo poiché consente un movimento più efficace rispetto allo scopo, in rapporto al possibile spazio d’azione.
- L’integratore cocleare fa la sua comparsa nei mammiferi trasformando tutte le relazioni esistenti fino a quel momento tra i vari integratori e assumendo la direzione del sistema. La coclea analizza in modo capillare i suoni contribuendo al miglioramento della verticalità attraverso la ricerca di una postura più sensibile per ricevere e decodificare gli stimoli sonori provenienti dall’ambiente circostante. Con la collaborazione del vestibolo, esso porta all’acquisizione delle caratteristiche specificatamente umane: la verticalizzazione, la liberazione della mano, il linguaggio.
- L’integratore piramidale, ultimo a comparire, determina la trasformazione dell’atto motorio automatico in atto volontario; da questo momento l’ascolto diviene atto volontario legato al desiderio di comunicare, che coinvolge l’essere umano nella sua interezza.
Sia l’integratore vestibolare che quello cocleare hanno come punto di riferimento sensoriale l’orecchio interno la cui complessità è il punto di arrivo evolutivo che ha condotto l’uomo alla stazione eretta e ad un linguaggio liberato dalle necessità biologiche di tipo animale. Solo con il completo sviluppo della coclea l’udito, da fenomeno sensoriale passivo legato alla messa in vibrazione del corpo indotta da una sorgente sonora, si può trasformare in ascolto, dove è presente contemporaneamente un fenomeno sensoriale, ovvero la capacità di sentire i suoni, un fenomeno percettivo, ovvero la discriminazione delle qualità del suono (udito) e un fenomeno recettivo, la messa in ascolto, legato alla particolare postura che deve assumere il corpo per lasciarsi possedere dai suoni da cui è circondato. In questa acquisizione di livelli sempre meno automatici, e quindi meno animali, assume un ruolo determinante l’integratore piramidale, che trasforma l’atto motorio in atto volontario.
Quello che è avvenuto nei millenni come sviluppo filogenetico, lo si ritrova nello sviluppo di ogni individuo: strumenti molto sofisticati hanno evidenziato visivamente il passaggio intrauterino dalla fase embrionale (lo stadio dei pesci) a quella fetale (lo stadio degli uccelli).
Fin dal quarto mese e mezzo di vita intrauterina il feto è in grado di ascoltare i suoni che provengono dal mondo circostante. Sono i suoni del mondo viscerale materno in cui è immerso: i respiri, i battiti del cuore, i borborigmi. Solo l’azione di filtraggio operata dal liquido amniotico, che funziona come un filtro passa-alto, permette di sopportare tutti quei rumori ricchi di basse frequenze che raggiungono mediamente una intensità di 60 decibel (pari ad un locale affollato abbastanza rumoroso): su questo rumore di fondo della vita, ovattato, ma continuo e rassicurante, compare ad un certo punto la voce della madre. Profondamente diversa dagli altri suoni in quanto ricca di tonalità acute, la voce materna arriva al feto come elemento nuovo, discontinuo, che lo sa mettere in vibrazione in un modo diverso[2].
È quel suono che dopo il parto, nel nuovo mondo aereo, il neonato cercherà e riconoscerà[3] tra mille altri e questo riconoscimento getterà il ponte, il primo, tra una sensazione attuale e una sensazione passata. In quel suo primo riconoscere, la sensazione, divenuta percezione, troverà nella memoria la prima possibilità di rappresentazione psichica. “Da quel momento la ricerca, sostenuta dall’ascolto, si struttura come desiderio di ritrovare e come capacità di riconoscere. E l’acquisizione della stazione eretta e del linguaggio non sono che momenti successivi di uno sviluppo volto alla ricerca e all’espressione dell’Umano” (Turchi, 2002).
lo sviluppo del linguaggio come dialogo io-sè
Nella fase neonatale il bambino passa da un udito liquido ad uno aereo e l’orecchio deve affrontare sul piano fisico numerosi problemi di adattamento, poiché l’aria non vibra come l’acqua. Dopo essere stato per mesi nell’oscurità e nel romore uterino, il neonato si trova bruscamente accecato dalla luce e aggredito dai rumori dell’ambiente, per cui si ritira nel sonno come a volere ricreare l’ambiente prenatale. Ogni tanto si sveglia per ciucciare, insieme con il latte, la voce materna di cui sa già isolare le frequenze: questa intimità ritrovata è facilitata dalla presenza ancora di un ascolto liquido, grazie alla permanenza nel suo orecchio del liquido amniotico che verrà riassorbito nei giorni successivi al parto. Poi il neonato sprofonda nel silenzio da cui riemergerà dopo qualche settimana con la neo-nata funzione di accomodazione dell’orecchio medio[4] che modula il nuovo ascolto aereo: i due muscoli, della staffa e del martello, si attivano per la prima volta facendo ritrovare al neonato quelle abilità dell’udito prenatale che lo portano a ricercare sempre e soltanto una voce.
Molto si potrebbe dire sulla qualità della voce materna e l’insorgenza precoce di distorsioni psicologiche che sfociano con gli anni in veri e propri quadri psicopatologici. Per essere concisi, se la voce della madre esprime presenza e affettività il ponte sonoro che la madre offre al figlio sarà sempre quello che il bambino percorrerà con successo nelle fasi di passaggio della sua vita affettiva e corporea; ma se la madre sarà rabbiosa o peggio ancora anaffettiva, questo si tradurrà in buchi frequenziali che ostacoleranno il divenire umano di quel bambino.
Il nutrimento vocale, associato successivamente al volto materno, produce delle risposte. Ha così inizio la fase fonica, quella del cicaleccio del lattante, che è una sorta di traduzione fonica della comunicazione intrauterina tra la madre e il feto: corpo a corpo in grado di esprimere quel legame carnale che nulla ancora separa. Nella fase successiva, la fase sillabica, si instaura il primo vero linguaggio rivolto alla madre dove le sillabe sono frasi che implicano tutto un significato (sintagmi): si tratta di un linguaggio con forte carica affettiva costruito solo per lei. In queste fasi il più piccolo disturbo può compromettere la elaborazione sonora: una malattia che fa perdere il gusto del gioco verbale, oppure una mancata risposta da parte della madre che lascia cadere il gioco sonoro nel vuoto. Di seguito, la progressiva differenziazione degli emisferi cerebrali produce sul piano verbale una corrispondente differenziazione sillabica, nel senso di una diversa accentazione: nasce allora la vera e propria fase linguistica, preludio all’acquisizione del linguaggio del padre, che apre la strada al rapporto col mondo. Attraverso la comparsa del me di cui si parla e dell’Io che imprime il movimento, il linguaggio va ad esprimere il nuovo dialogo tra i due emisferi cerebrali: quello pensante, il destro, e quello che esegue, il sinistro. Secondo questo concetto funzionale la totalità della massa corporea dipende dal cervello destro, mentre la messa in moto di tale massa, sia a destra che a sinistra, dipende dal cervello sinistro. I collegamenti tra i due emisferi, attraverso il corpo calloso, assicurano il dialogo costante fra il Maestro e la sua orchestra, tra l’Io e il Sé.
Di pari passo si va strutturando l’immagine del corpo. Grazie al sistema cocleare l’Uomo ha potuto effettuare un importante salto evolutivo: il passaggio dallo schema corporeo proprio del mondo animale dato dalla vita del corpo a contatto con il mondo fisico[5], all’immagine corporea che il bambino costruisce all’interno delle relazioni umane grazie al linguaggio: La sua acquisizione scaturisce dal linguaggio e per il linguaggio. È da questo desiderio di comunicare che vengono sensibilizzate durante la crescita quelle zone del corpo che rispondono a quelle date frequenze. Su un piano neurofisiologico il corpo, immerso in un mezzo aereo, viene sottoposto ad opera del linguaggio, proprio e altrui, a pressioni sonore che ne eccitano sia la superficie cutanea che i visceri; il linguaggio poco alla volta seleziona in questo modo il suo particolare campo neuronico la cui utilizzazione dipende dalla propria storia personale, dalla comparsa di fattori accidentali e/o di malattie, dalla impedenza del luogo in cui una persona vive, e dal tipo di scambio linguistico con persone della stessa etnia. Tutto questo significa che è possibile rimodellare l’immagine del corpo a partire dal linguaggio proprio e altrui. Quando il linguaggio corrisponde al suono che lo esprime fino a divenire una secrezione sonora del nostro corpo e del nostro pensiero, siamo realmente presenti a noi stessi e agli altri. Siamo in quel momento passato, presente, futuro. Siamo memoria.
Ricordiamo, a tale proposito, che le memorie sensoriali sono responsabili delle energie vitali, quelle vestibolari dell’accoglienza materna corporale, le cocleari dell’accoglienza materna emozionale. La memoria nel corpo si struttura primariamente in una forma non verbale grazie al fatto che per ogni informazione sonora esiste, grazie all’integratore vestibolare, una corrispondenza corporea. Solo successivamente, attraverso l’integratore cocleare, questa memoria avrà possibilità e diritto di parola: ad esso spetta il duplice compito di assimilazione linguistica e di verbalizzazione delle memorie somatiche[6].
applicazioni dell’audiopsicofonologia
I campi di applicazione sono veramente tanti, sia in ambito patologico che non, perché i benefici abbracciano l’intera unità psicocorporea. A partire dal Bilancio Audiopsicofonologico (test d’ascolto, test di lateralizzazione corporea e uditiva) si valuta la presenza di disturbi delle tre funzioni dell’orecchio:
- i disturbi della funzione vestibolare e vestibolo-cocleare hanno a che fare con lo spazio corporeo: nel primo caso si tratta di disturbi dell’equilibrio, vertigini, ipercinesie e iperattività motoria, ritardo psicomotorio, disprassie e disgrafie, disturbi del ritmo (balbuzie), turbe della rappresentazione spaziale; nel secondo caso di sordità professionali, sindrome di Ménière, ipersensibilità a determinate frequenze, ipercinesie e iperattività motoria;
- i disturbi della funzione energetica hanno a che fare con la vitalità che interviene nella creatività, nell’apertura al mondo esterno, nella intuizione e nella sensibilità: sordità delle persone anziane, depressione, disturbi della comunicazione, perdita degli armonici e della tonicità vocale;
- i disturbi della funzione cocleare in cui è profondamente compromessa la funzione dell’ascolto: disturbi dell’apprendimento, problemi relazionali e turbe della comunicazione, scarsa concentrazione e memoria con difficoltà scolari nei bambini, perdita della qualità della voce dovute a turbe dell’analisi del suono (difetto della intonazione, cedimento dell’accento, perdita del timbro), dislessia;
- I disturbi simultanei delle tre funzioni comportano nel bambino ritardo nello sviluppo e nel linguaggio come nell’autismo; nell’adulto disturbi psicologici come depressione, angoscia, ansia, spossatezza; disturbi psicopatologici gravi come le psicosi.
Campi di applicazione
- Patologie dell’orecchio
- nei disturbi dell’equilibrio, nella sindrome di Ménière e nelle altre sindromi vertiginose;
- negli acufeni e in tutte le forme di ipersensibilità ai suoni e rumori;
- nelle sordità professionali (legate ad una alterazione funzionale) e nelle ipoacusie, o sordità parziali, di origine organica (nelle sordità parziali si riscontra spesso una caduta dell’udito in entrambe le orecchie anche quando in realtà è uno solo ad essere danneggiato. La rieducazione all’ascolto oltre a ripristinare la funzionalità residua dell’orecchio colpito, permette di recuperare l’altro orecchio che si era appiattito sulla funzione di quello danneggiato);
- nelle otiti ricorrenti e nei disturbi a carico dell’apparato fonatorio (polipi alle corde vocali, afonie frequenti). - Disturbi del linguaggio e dell’apprendimento
- nelle difficoltà di apprendimento del linguaggio del bambino;
- nelle difficoltà di apprendimento scolare;
- nella balbuzie e nella dislessia (si tratta in entrambi i casi di una turba evolutiva della funzione di ascolto che impedisce lo stabilizzarsi della lateralizzazione uditiva a destra: all’orecchio destro si deve il controllo e la regolazione del sistema audiofonatorio in quanto orecchio direttivo);
- nelle difficoltà di comprensione, concentrazione e memoria;
- nell’apprendimento delle lingue straniere (attraverso lo stimolo a percepire le frequenze che caratterizzano la banda passante di ogni lingua). - Disturbi psicomotori e del comportamento dei bambini e degli adulti
- nelle forme di iperattività e ipercinesia;
- nel ritardo dello sviluppo psicomotorio del bambino enelle difficoltà di coordinazione motoria;
- nell’autismo. - Patologie psichiche e psicosomatiche
- depressione, ansia e crisi di panico, angoscia, spossatezza;
- asma, gastriti, tachicardie, ipertensione labile, cefalee muscolo-tensive. - Dinamizzazione e rilassamento
- nel riequilibrio delle energie psicocorporee (come nelle depressioni della terza età);
- nella preparazione al parto. - Voce, canto, creatività
- Poiché l’ascolto rappresenta l’apertura della persona al mondo esterno in continuo rapporto dinamico con il proprio mondo interiore, ogni espressione creativa della propria identità personale ed artistica viene favorita da una rieducazione all’ascolto (cantanti, attori, musicisti, strumentisti, sportivi e danzatori).
La curva d’ascolto è il risultato del test che non coincide con l’audiogramma medico, in grado di valutare la sola funzione uditiva: Per ogni orecchio si rilevano due curve corrispondenti alla conduzione del suono nel corpo che avviene sia per via aerea che ossea. La curva aerea indica il modo in cui la persona si adatta al mondo sociale mentre la curva ossea indica la vita interiore della persona ed il funzionamento organico, incluse le tensioni psicocorporee che incidono sulla postura e quindi sull’ascolto. Le curve dell’orecchio destro descrivono la situazione attuale mentre quelle dell’orecchio sinistro riguardano più l’aspetto affettivo e la storia personale. Il confronto tra le due orecchie indica il livello di equilibrio della persona il relazione al mondo.
Nel diagramma si valuta tra l’altro la distanza tra curva aerea e ossea che evidenzia quanto il mondo interno è in sintonia con ciò che emerge nella nostra relazione con il mondo, e si verifica la presenza nelle differenti zone di picchi (punti di particolare sensibilità) e/o scotomi (disinvestimento di aree del corpo o del sé). Per ogni zona il significato è diverso: ad esempio, i picchi nella zona vestibolare stanno a significare la presenza di agitazione motoria e aggressività; nella seconda è indice di irritabilità e impulsività verbale; nella terza esprime un rifugio nell’astrazione.
Le curve si strutturano in tre zone. La prima zona dei gravi (da 125 a 1000 Hertz), detta somatica o vestibolare rivela lo schema corporeo, la motricità, il senso del ritmo, le relazioni spazio-temporali (rispetto alla postura le problematiche muscolo-scheletriche e viscerali dell’area che va dai piedi al livello dorsale); dal punto di vista psichico evidenzia la eventuale presenza di un temperamento pratico ed impulsivo. La seconda zona dei medi (da 1000 a 3000 Hertz), detta del linguaggio, corrisponde all’incontro con il padre e quindi alla integrazione delle regole, alla comprensione e alla concentrazione, al pensiero razionale e alla fluidità del linguaggio (può rilevare la presenza di una tendenza alla razionalizzazione come difesa dalle emozioni ed uno spirito analitico); a livello somatico evidenzia tensioni muscolo-scheletriche e problematiche viscerali a carico dell’area che va dalla zona dorsale a quella cervicale. La terza zona degli acuti (da 3000 a 8000 Hertz), detta della creatività, è correlata al desiderio di ascoltare, alla memoria affettiva, all’immaginazione e alla creatività come espressione della realizzazione di sé. Questa zona, che rappresenta l’incontro con la madre, evidenzia problematiche a carico della colonna cervicale e della testa e rivela possibili problematiche connesse soprattutto alla sfera psicoaffettiva.
Rispetto invece all’andamento generale delle curve, sono identificabili tre tipologie di curve, il cui apice corrisponde ad una delle tre zone frequenziali: la curva somatoide o depressiva, in cui si determina un taglio delle frequenze acute responsabile della caduta di vitalità e della impossibilità ad immaginarsi un futuro (la persona è chiusa in sé stessa e focalizzata sui propri vissuti corporei); la curva paranoide, con apice nell’area del linguaggio, pone l’accento sull’aspetto razionale del linguaggio e del pensiero a discapito della valenza emozionale e comunicativa del linguaggio stesso; la curva schizoide, progressivamente ascendente fino a raggiungere l’apice nella zona degli acuti sopra i 3000Hz, è correlata a disturbi della sfera immaginativa con tendenza all’astrazione e al perfezionismo.
Il test di ascolto è fondamentale per la programmazione delle sedute di rieducazione all’ascolto attraverso l’orecchio elettronico, con l’utilizzazione prevalente della musica di Mozart e dei canti gregoriani: la prima assicura una attivazione ad ampio spettro, i secondi una attivazione specifica tra i 1000 e i 1500 Hertz, corrispondente alla zona cardiorespiratoria. Attraverso le sedute con l’Orecchio Elettronico si vanno a stimolare quelle frequenze a cui l’orecchio si è chiuso sia per cause traumatiche che psicologiche e si ripercorrono le fasi dello sviluppo dell’ascolto: dalla immersione uterina con i suoni filtrati al parto sonoro; dalla fase del prelinguaggio al linguaggio propriamente detto in cui si introduce, attraverso la lettura al microfono, la possibilità di ascoltarsi e di giocare con la propria voce.
Dopo questo breve viaggio nel mondo di Tomatis[7] , l’Audiopsicofonologia, forse è divenuta più chiara la relazione tra ascolto, postura e voce; relazione indissolubilmente correlata al desiderio di comunicare. Nella vita di ciascun individuo possono avvenire degli eventi difficili che vanno ad intaccare proprio questa dimensione di desiderio, determinando il cristallizzarsi di ricordi indelebili sotto forma di contratture muscolari che determinano una chiusura, una rigidità o addirittura una deformazione della postura nel suo complesso.
Quel corpo deformato non potrà vibrare nella sua interezza e lo stesso suono della sua voce si spezzerà continuamente lì dove le contratture ne bloccano il passaggio.
Il suono della nostra voce è una sorta di impronta digitale che esprime sempre quanto siamo realmente disposti, o quanta speranza abbiamo di incontrare l’altro; e troppo spesso la comunicazione vera non trova corrispondenza con quanto viene dichiarato apertamente.
Ho avuto il privilegio di conoscere Alfred Tomatis e di fare la mia formazione direttamente con lui. Ricordo ancora di quando in un Corso Audiovocale, seduta su una capace scrivania - di fronte al gruppo di lavoro fatto di persone di ogni età, etnia, professione - mi disse con un sorriso dolcissimo che mi avrebbe insegnato a cantare… con i piedi! A quel tempo non capii esattamente, ma ora so cosa intendeva: voleva che portassi la vibrazione della mia voce a spasso per il corpo, liberamente e con tutta la gioia possibile.
Diceva questa cosa proprio a me che avevo sognato di Gelsomina (la protagonista del film “La strada”) e della sua difficoltà ad esprimere con la voce la sua poesia, schiacciata dallo Zampanò di turno. Quella esperienza ha trasformato la mia vita, il mio modo di lavorare e perfino di teorizzare… oltre che la mia voce, tanto che ora non so più se è la mia voce a reclamare nuovi pensieri o sono i pensieri a reclamare costantemente una nuova voce. Ora so che tutto il mondo suona e un orecchio in ascolto può trasformare ogni silenzio in una pausa musicale, capace di togliere dall’angoscia di rimanere muti, di non abitare il proprio corpo.
[1] Ogni integratore è costituito da un sistema afferente sensoriale che porta l’informazione ad un nucleo centrale. Attraverso una serie di relais di controllo, l’informazione arriva alla corteccia da cui ha origine il sistema efferente responsabile della risposta motoria.
[2] Alfred Tomatis ha approfondito quanto accade nella vita intrauterina in termini sonori.Nella fase embrionale l’attivazione del cervello vestibolare segna l’inizio della motricità e della sensibilità del piccolo embrione, ancora senza coordinamento né collegamento con le funzioni alte del cervello. Questo collegamento si costruisce in progressione attraverso dei fasci neurologici che assicurano i ritorni indispensabili alla gestione del sistema: i fasci di Fleschig e di Gowers, che formano il sistema sensoriale della sensibilità protopatica riguardante tutti i movimenti involontari, si connettono al paleocervelletto, mentre le connessioni con i nuclei vestibolari si proiettano sull’archeocervelletto.
Nella fase fetale, quando si attiva il cervello cocleare, a partire dal quarto mese e mezzo di vita intrauterina con la mielinizzazione del sistema nervoso vestibolare che lo rende operativo, la coclea assume la direzione del sistema e fa muovere il corpo, attraverso la funzione vestibolare, per sintonizzarlo con la voce materna. Tomatis è stato il primo a sostenere che il passaggio della voce materna avviene per via ossea attraverso la messa in risonanza delle ossa del bacino. Il Dott. Klopfenstein ha dimostrato come il bacino formi una cassa di risonanza, un po’ come la parte centrale di un violoncello (in questa sperimentazione le donne parlavano in un microfono e dei recettori posti in diversi punti ossei raccoglievano le frequenze che venivano poi analizzate), dove i suoni che passano meglio sono gli acuti (il bacino vibrava intorno ai 2500-3000 Hz). Come d’altro canto sappiamo dalla fisica: nei corpi duri le frequenze alte passano meglio di quelle gravi. Il Dott. Christophe Petitjean, suo allievo, continuando su questa scia, fin dal 1989 ha dimostrato come il suono fondamentale della voce materna la si ritrovasse realmente sull’osso del bacino con la totalità delle armoniche. Misurando i movimenti del feto e l’accelerazione del suo battito cardiaco, di vedeva un aumento significativo della reattività fetale per le frequenze fra i 1000 e i 3000 Hertz, proprio l’ambito frequenziale in cui si colloca il linguaggio umano. Bisogna considerare inoltre che il feto raccoglie le differenze tra queste sonorità attraverso le possibilità del suo cervello nascente: le terminazioni nervose sensibili ai suoni acuti sono molto più numerose di quelle sensibili ai suoni gravi (24.000 cellule contro poche centinaia soltanto) e quindi le frequenze alte sono diffuse meglio.
[3] Già il Dott. Negus nel 1929, concentrandosi sullo studio dell’apparato fonatorio, aveva osservato alcuni elementi. Negus racconta che se alcune femmine appartenenti a una specie di uccelli non canterini covano le uova di una covata di uccelli canterini, i pulcini hanno buone possibilità di restare muti. Ma l’esperimento più sconvolgente è il seguente: quando una madre di uccelli canterini cova le uova di un’altra specie di uccelli canterini, i piccoli rischiano di sbagliare canto e adottare quello della madre che li ha covati. I lavori di Konrad Lorenz confermarono in gran parte queste prime osservazioni e studi successivi fatti sui neonati, hanno dimostrato come il neonato dopo la nascita sia in grado di riconoscere la voce della madre.
[4] Quando un suono entra nel padiglione del condotto uditivo esterno, l’orecchio interno decide se farsi avanti per incontrarlo. Perché ciò sia possibile, il labirinto apre la porta. Qualche millesimo di secondo dopo l’orecchio interno fa la stessa cosa (attraverso il muscolo della staffa) e modifica lo stato di tensione del timpano (attraverso il muscolo del martello). Nella prospettiva di decifrare, selezionare e analizzare le informazioni, all’interno dell’orecchio si forma un sistema di correzione di pressioni. La membrana timpanica ha lo scopo di trasmettere per via cranica al labirinto il flusso di stimoli provenienti dall’ambiente. Per correggere gli eccessi si costruisce un pistone osseo (la catena degli ossicini) che unisce la finestra ovale, collegata con l’orecchio interno, con la parte centrale della membrana timpanica collegata con l’orecchio esterno.
[5] Esso si struttura a partire dalle sensazioni per muoversi e potere sapere del proprio movimento
[6] In assenza di una dialettica tra gli integratori, vestibolare e cocleare, mediata dalla affettività, si instaureranno delle fissazioni psicosomatiche. Grazie al ramo auricolare del nervo vago che innerva la superficie esterna della membrana timpanica, l’orecchio è in rapporto diretto con i nostri visceri: Chiudere l’orecchio consiste in primo luogo nell’allentare la muscolatura del martello. I suoni sono trasmessi solo parzialmente e comunque non possono essere analizzati perché la flaccidità della membrana timpanica eccita il nervo vago. Vi è una seconda via psicosomatica, attraverso l’attivazione dell’ipotalamo. Questa attivazione avviene se c’è un blocco della via nervosa talamo-limbica (il talamo è la nostra centrale sensoriale e il sistema limbico è il nostro antico cervello emozionale) laddove agisce la nostra memoria affettiva, la quantità di energia elettrica viene scaricata nelle zone cerebrali sottostanti, e cioè nell’ipotalamo.
[7] Per un approfondimento del lavoro e della ricerca di Alfred Tomatis ecco di seguito l’elenco dei libri editi in lingua italiana:
Tomatis, A. (1999-prima edizione 1992), L’orecchio e la vita. Milano: Baldini § Castoldi Dalai Ed.; Tomatis, A. (2000-prima edizione 1993),L'orecchio e la voce. Milano: Baldini § Castoldi Dalai Ed.; Tomatis, A. (1993), Dalla comunicazione intrauterina al linguaggio umano. La liberazione di Edipo. Como: Ibis Edizioni; Tomatis, A. (1995), L’orecchio e il linguaggio. Como: Ibis Edizioni; Tomatis, A. (1996), Educazione e dislessia. Torino: Omega Ed.; Tomatis, A. (1996). Perché Mozart? Como: Ibis Edizioni; Tomatis, A. (2001), Come nasce e si sviluppa l’ascolto umano. Milano: Red Edizioni; Tomatis, A. (2003-prima edizione 1998). Ascoltare l’universo. Milano: Baldini § Castoldi Dalai Ed.; Tomatis, A. (2003), Siamo tutti nati poliglotti. Como: Ibis Edizioni; Tomatis, A. (2007), Nove mesi in paradiso. Como-Pavia: Ibis Edizioni; Tomatis A, Passerini W. (2007), Management dell’ascolto. Roma: Franco Angeli Ed.; Tomatis, A. (2009), La notte uterina. La vita prima della nascita e il suo universo sonoro. Milano: Red Edizioni; Tomatis, A. (2009), Vertigini. Como-Pavia: Ibis edizioni; Tomatis, A. (2011), Le difficoltà scolastiche. Como-Pavia:Ibis Edizioni.
Il primo libro comparso in lingua francese è Tomatis, A. (1963), L'Oreille et le Langage. Parigi: èdition du Seuil e l’ultimo è Tomatis, A. (1995), Ecouter l’Univers. èditions Robert Laffont.
Bibliografia
- Tomatis A. (1993), Dalla comunicazione intrauterina al linguaggio umano. Como-Pavia: Ibis Ed.
- Turchi, C. (2002) “Al chiaro di Luna”, in L’ArcoAcrobata, Rivista di Scienze Umane ed Arte, Anno 1, n° 0, Roma: Associazione Musicalificio Grande Blu Ed.
* Psichiatra, Psicoterapeuta ad orientamento dinamico, esperta in Audiopsicofonologia.