Numero 2/2020
ANALISI DEL CARATTERE DELLA RELAZIONE
Transfert e controtransfert corporeo
Barbara Celiani[*]
10.57613/SIAR80
Abstract
Dalla nascita della psicoanalisi fino alle psicoterapie più recenti, la Relazione Psicoterapeutica è considerata precondizione nel processo di guarigione. Studi recenti sull'intersoggettività, sui neuroni specchio e sull'intercorporeità hanno fornito ulteriori conferme e spunti di riflessione scientifica, per una maggiore specificità dei setting clinici. Il Modello Analitico Corporeo della S.I.A.R. aggiunge un livello di osservazione ulteriore della complessità del setting, con una metodologia d'intervento: l'Analisi del Carattere della Relazione.
Parole chiave
Analisi caratteriale - Transfert-controtransfert corporeo - Intersoggettività – Intercorporeità - Neuroni specchio.
Abstract
From the birth of psychoanalysis to the most recent psychotherapies, the Psychotherapeutic Relatioship is considered a precondition in the healing process. Recent studies on intersubjectivity, on mirror neurons and on intercorporeity have provided further confirmations and points for scientific reflection, for a greater specificity of clinical settings. The Body Analytical Model of S.I.A.R. adds a further level of observation of the complexity of the setting, with an intervention methodology: the Analysis of the Character of the Relationship.
Keywords
Character analysis - Body transference-countertransference – Intersubjectivity – Intercorporeity - Mirror neurons.
Accanto all’Analisi del Carattere e alla Vegetoterapia Analitico-Caratteriale, nell’ Analisi Reichiana è presente un terzo strumento analitico-terapeutico: l’Analisi del Carattere della Relazione.
Con tale definizione si indica il Contenente Relazionale, cioè la struttura della relazione analitico-terapeutica, e il processo che offre la possibilità di leggerla in termini di stati e tratti del carattere.
Questo consente al terapeuta di imprimere una specificità dinamica allo scambio comunicativo, che viene direzionato verso un’appropriatezza dell’uso terapeutico del setting, per quell’analista e quell’analizzando, in quel tempo e luogo.
Il transfert-controtransfert corporeo è un aspetto del contenente relazionale, che comprende tutte le esplicazioni psicologiche, fisiologiche, fisiche, energetiche, che determinano la relazione in atto, con le sue componenti intrapsichiche, interpsichiche, intracorporee, intercorporee, soggettive, intersoggettive, espressioni fenomenologicamente distinguibili ma funzionalmente identiche, in cui l’intero è diverso dalla somma delle parti.
E l’intero è quella relazione unica, non replicabile, attuale, base per una trasformazione neghentropica dei residui frattalici dei vissuti imprintati nella memoria caratteriale.
Transfert e controtransfert in psicoanalisi
Con il termine transfert, detto anche traslazione affettiva, ci si riferisce, nelle teorie psicanalitiche, ad un aspetto importante, che caratterizza la relazione terapeutica: l’insieme delle costellazioni emotive, che il paziente prova nei riguardi dell’analista. In particolare, possiamo definirlo come trasferimento delle rappresentazioni inconsce proprie del paziente sulla figura dell’analista, che connota qualitativamente la relazione terapeutica, imprimendole una specifica direzione.
Il controtransfert, detto anche controtraslazione, indica il vissuto globale dell’analista nei riguardi del paziente. Nella sua accezione specifica si riferisce alle reazioni che il transfert del paziente produce nell’analista, il quale, in seguito ad un accurato training personale, dovrebbe riuscire ad elaborare ed utilizzare a fini diagnostici e terapeutici tale informazione. Questi vissuti, quando osservati, costituiscono elementi indispensabili alla comprensione di quanto accade nel setting: strumenti fondamentali per la comunicazione con il paziente e per orientare le risposte emotive e comportamentali del terapeuta.
Nel modo in cui i due processi sono stati descritti, si dà come assunto di base che essi si verifichino in tempi diversi: il paziente agirebbe per primo il transfert, osservabile, in parte, nei suoi comportamenti manifesti e nei contenuti dell’eloquio, e il terapeuta, secondariamente, reagirebbe controtransferalmente, senza agire il proprio controtransfert, essendo in grado di osservare la propria reazione ed utilizzandola quale strumento di comprensione e comunicazione.
Questa accezione di transfert controtransfert risente dell’influenza della teoria pulsionale di Freud, che per primo sottolineò l’importanza di tali processi in campo analitico. Questa concettualizzazione convenzionale parte dal presupposto che siano le azioni o le tecniche, messe in atto dal terapeuta, a promuovere in senso unidirezionale il cambiamento nel paziente ed esalta la neutralità del terapeuta stesso, come dimensione possibile e necessaria.
I modelli terapeutici più recenti sottolineano il fatto che la relazione terapeutica coinvolge necessariamente due persone e che i processi psicologici di entrambe si influenzano reciprocamente. In questa ottica rinnovata, è impossibile scindere il transfert dal controtransfert, se non in senso didattico, considerandoli moduli separati di funzionamento psichico-relazionale, ed è del tutto superfluo chiedersi quale dei due costrutti intervenga primariamente nella relazione.
Quello che oggi sappiamo è che i modi in cui si esprime la relazione terapeutica, le sue espressioni emotive e l’attribuzione di significato a quanto accade nel setting passa primariamente attraverso una comprensione non verbale, non solo cognitiva ma, soprattutto fisiologica, e che le leggi, che regolano un’interazione tra due persone sfuggono a qualsiasi logica lineare.
Quindi è più utile considerare la relazione nel suo insieme, come fattore di conoscenza e cambiamento.
Per il modello analitico della S.I.A.R., questi moduli relazionali sono caratterizzati da una specifica mente di tratto, ovvero un’architettura psichica, che caratterizza quella specifica costellazione caratteriale, come espressione di tratto e/o di stato, sia dei singoli soggetti che della relazione, osservata oltre che vissuta ed utilizzata dal terapeuta, per imprimere un movimento evolutivo al setting, rispettoso, comprensibile e sostenibile.
Il sistema dei neuroni specchio e la simulazione incarnata
Le scoperte di Gallese e altri (2000) mostrano come la relazione e la comprensione dell’altro siano rese possibili dall’attivazione di circuiti neurali diretti, chiamati “neuroni specchio”. I neuroni specchio producono una simulazione incarnata degli scopi e delle intenzioni motorie mentre osserviamo un’altra persona compiere un gesto finalizzato ad uno scopo, attivando specifici neuroni delle aree premotorie e parietali posteriori della corteccia cerebrale. Ulteriori meccanismi specchio sembrano essere coinvolti nella nostra capacità di comprendere e condividere emozioni e sensazioni.
Le espressioni mimiche e la postura, quando assumono valenze emotive, attivano muscoli analoghi nell’osservatore, con un’intensità che appare proporzionale alla natura empatica degli osservatori stessi. È stata osservata una correlazione sistematica reciproca tra l’espressione corporea delle emozioni e il modo in cui esse vengono comprese. Inoltre, quando gli individui assumono delle espressioni facciali o posture con valenza emotiva, esperiscono degli stati emozionali e percepiscono e valutano gli eventi esterni, secondo una modalità congruente. L’attività integrata dei sistemi neurali sensori-motori e affettivi semplifica e, a un certo livello, automatizza le risposte comportamentali a determinati stimoli, creando reti neurali integrate.
Questo livello di comprensione ha comunque una dimensione oggettiva: l’emozione che osserviamo nell’Altro è primariamente compresa attraverso l’utilizzo dei circuiti cerebrali, sui quali si fonda la nostra esperienza in prima persona di quella data emozione, quindi con caratteristiche idiosincrasiche.
Questo è un aspetto fondamentale da tenere in considerazione nei processi controtransferali, in condizioni analitiche: la nostra risposta emozionale non è tout court quella del paziente!
La “simulazione incarnata” è un processo non necessariamente introspettivo e rappresentazionale, non è teoria della mente, cioè l’attribuzione esplicita agli altri di credenze e desideri, mappati come rappresentazioni simboliche.
Prima e alla base della lettura della mente altrui, è l’Intercorporeità, come principale informazione derivata direttamente dall’Altro, conoscenza fondata più su un sentire che su un pensare.
Nell’intercorporeità, il corpo viene primariamente percepito come un mezzo sistematico per andare verso gli oggetti: l’Altro è visto come comportamento verso e l’Io è primariamente un Io motorio.
Parallelamente a una distaccata descrizione sensoriale degli stimoli sociali osservati, vengono evocate delle rappresentazioni interne, non proposizionali e in formato corporeo, degli stati del corpo associati alle azioni, emozioni, sensazioni.
Il meccanismo specchio viene definito in termini di riutilizzo di stati mentali propri, per cui la simulazione incarnata introduce il concetto di “somiglianza interpersonale” o corrispondenza tra il proprio stato mentale quando eseguiamo un’azione o esperiamo un’emozione e quando vediamo queste stesse manifestazioni negli altri.
Ovviamente incarnata fa specificamente riferimento ad una rappresentazione in formato corporeo, cioè caratterizzata da attivazione di profili motori, viscero-motori, somatosensoriali, che ci consentono di esperire gli altri come persone, che hanno esperienze simili alle nostre.
Transfert-Controtransfert corporeo
Le neuroscienze hanno, oggi, fornito ulteriori argomentazioni in favore di ciò che si osserva nei setting clinici, facendo risaltare la primarietà degli aspetti più specificamente legati alle modalità corporee della relazione, sia per quanto riguarda lo sviluppo affettivo che cognitivo e psichico.
L’aspetto corporeo è talmente essenziale e strutturale da poterci far chiedere se effettivamente esistano modalità non corporee di interazione, dal momento che le strutture simboliche hanno una chiara origine sensorio-motoria.
Inoltre, l’interazione con l’Altro da Sé è caratterizzata da fasi specifiche, dal momento che diverse sono le potenzialità corporee nel tempo, a livello sensoriale, percettivo, motorio, con una preminenza in ogni fase evolutiva, di determinate modalità di contatto, alle quali corrispondono strutture di simbolizzazione coerenti e conseguenti architetture psichiche, definite “menti di tratto”, nell’ analisi reichiana.
Queste costituiscono un substrato fondamentale per le interazioni successive, terreno di imprinting più o meno funzionali, organizzando le informazioni provenienti dal mondo, lungo una freccia temporale, diretta espressione dell’evoluzione ontogenetica e delle influenze epigenetiche e ambientali.
È stato inoltre sottolineato come le relazioni, soprattutto quelle significative, svolgano un importante impatto nella vita delle persone, anzi costituiscano l’essenza stessa della vita, e si rivelino una risorsa preziosa nella possibilità di cambiamento e adattamento, utilizzando le capacità di neuroplasticità cerebrale.
Le memorie, depositate come schemi integrati di relazione, sensazione, emozione, cognizione possono essere rievocate e rimaneggiate, lungo il corso dell’esistenza.
Questo offre una spiegazione dell’importanza in campo terapeutico e analitico di modalità appropriate di relazione e di rievocazione di vissuti, per promuovere processi di cambiamento in direzione evolutiva.
Il modello analitico reichiano attuale, sviluppato nella Società Italiana di Analisi Reichiana, da parte di G. Ferri, prendendo ispirazione e contenuti dalle teorie di Reich e dalla sua impostazione scientifica, attraverso gli sviluppi successivi di Ola Raknes e Federico Navarro, propone una lettura innovativa della relazione terapeutica, nel senso di una sempre maggiore appropriatezza e approccio sistemico complesso alla conoscenza dei processi vitali.
È un modello di analisi corporea che sviluppa complessità di lettura, in modo da facilitare un processo di intervento appropriato per un’evoluzione possibile in un determinato setting e include, dispiegandolo nel suo potenziale relazionale, il corpo, nella diagnosi e nel trattamento.
Lo strumento specificamente utilizzato è l’”Analisi del Carattere della Relazione”, definibile anche come Contenente Relazionale, che consiste in un assetto ad alta specificità della relazione analitico-terapeutica: un transfert-controtransfert funzionale e neghentropico.
La relazione terapeutica, quando orientata nel senso dell’alleanza, è una vera e propria architettura, in grado di consentire e contenere qualsiasi atto terapeutico, dall’ascolto alla elaborazione transferale di un atto, dalla proposta di un acting di vegetoterapia all’analisi dei sogni, di gesti o fantasie.
Il Contenente Relazionale è dato dall’appropriato come e l’appropriata posizione dell’analista, necessari per lo stabilirsi di una modalità controtransferale di tratto e livello corporeo, funzionale al disturbo e/o allo specifico assetto di tratto e di stato dell’analizzando.
Per questo il corpo diventa uno strumento non solo utile, ma indispensabile alla comprensione e all’azione terapeutica: la sua capacità vitale di entrare in risonanza, di muoversi, di esprimere, di sentire, di vibrare, di produrre risposte, il più possibile libere da schemi fissi di reattività acquisiti, sono la precondizione per poter attuare un’appropriatezza dell’intervento, come Reich ha anticipato parlando di pensiero funzionale.
Il corpo ci informa di sensazioni-percezioni pre-linguistiche e pre-soggettive, oltre che di emozioni e associazioni, inerenti a sfere più propriamente simboliche, di altra consapevolezza.
Prima di ogni altra cosa ci informa della nostra energia vitale, della sua espansione, nell’andare verso e della sua retrazione, nel tornare a sé, ritirandosi.
In un setting terapeutico questa consapevolezza di base può essere utile per sentire dove stiamo andando e fin dove possiamo permettere a noi e all’altro di esplorare: è una conoscenza semplice ma saggia, perché può darci immediatamente il senso del come stiamo con l’altro e come l’altro potrebbe stare con noi in quel momento.
I livelli corporei sono i detentori di memorie implicite, che si esprimono nel tono muscolare, movimenti, reazioni fisiologiche neurovegetative, posture, timbro, tono della voce, prosodia e determinate modalità di strutturare le percezioni e il pensiero. Ogni livello corrisponde ad una fase dello sviluppo ontogenetico, in cui il Sé riceve fissazioni-imprinting dalla relazione con l’oggetto parziale di quel tempo e definisce un tratto caratteriale. I tratti caratteriali possono essere variamente connessi tra loro, dando origine alle strutture caratteriali di ognuno.
L’Analisi del carattere della Relazione consiste nella capacità dell’analista di sentire la sua posizione rispetto ai propri tratti caratteriali, ai corrispondenti livelli corporei e a quelli dell’analizzando. Quindi l’analista utilizza tutta la sua conoscenza sensoriale, percettiva, cognitiva, relazionale, motoria per contattare l’altro e aiutarlo a spostarsi dalla sua posizione di tratto ad un’altra, a maggiore valenza neghentropica. La consapevolezza dell’assetto dei propri stati, specifiche fasi evolutive, tratti di carattere, livelli corporei, degli accoppiamenti strutturali più funzionali tra tratti, può consentire all’analista un meta-movimento.
Inoltre, la stratificazione delle memorie oggettuali, lungo la freccia del tempo evolutivo, offre una serie di possibilità di incontro tra tratti, che vengono fatti riemergere e riscoperti nel qui e ora, rendendosi disponibili ad essere rimaneggiati. L’analista si pone in una controtransferalità di tratto specifica per contattare l’altro, dove egli si trova, in quel tempo e luogo analitico, e, con uno spostamento graduale e sostenibile, muove la relazione verso posizioni più evolute.
Il setting è quindi un Sistema Vivente Complesso, un campo relazionale, che, attraverso la comunicazione fra i tratti dell’analista e dell’analizzando, produce una sua storia, che si stratifica in specifiche forme. Un contatto empatico e funzionale consente il raggiungimento di stadi sempre più neghentropici.
Il controtransfert diventa fondamentale: l’analista entra in risonanza con i tratti dell’analizzando per poter proporre una lettura dei vissuti profondi e offrire un’opportunità di svincolo dal tratto, consentendo un passaggio, cioè un movimento di separazione sostenibile per un approdo ad una potenzialità a più alta organizzazione e funzionalità.
Per concludere
È importante avere un modello di riferimento, cui ancorarsi per potersi orientare nel processo analitico, conoscere tecniche valide, quali strumenti di comprensione e cura, ma lo strumento imprescindibile è la capacità di cogliere la qualità della relazione in atto e di rispondere coerentemente ad essa.
Reich ha parlato di intuizione”, cioè della capacità di comprendere in modo naturale se stessi nella relazione con l’altro, come parte del processo di espressione del pensiero funzionale, spontaneamente agito, quando si è liberi dalle deformazioni e pregiudizi dovuti alle specifiche strutture caratteriali.
Penso che abbia anticipato con notevole intuito le scoperte in questo campo.
Bibliografia
Ammanniti, M.; Gallese, V. (2014), La Nascita dell’Intersoggettività. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Bowlby, J. (1972), L’attaccamento della madre in Attaccamento e Perdita, vol. 1. Torino: Boringhieri.
Cozolino, L. (2006), Il Cervello Sociale. Raffaello Cortina Editore.
Ferri, G. (2017), Il corpo sa. Roma: Alpes Italia.
Freud, A. (1961), L’Io e i Meccanismi di difesa. Firenze: Giunti Editore.
Galimberti, U. (1992), Dizionario di Psicologia. Torino: Utet.
Gallese, V., Sinigaglia, C. (2011), “What is so special with embodied simulation”. In Trends in Cognitive Sciences,15, pp 512-519.
La Barre, F. (2001), Muoversi in Analisi il comportamento non verbale nella pratica Clinica. Roma: Casa Editrice Astrolabio.
Mancia, M. (2006), Psicanalisi e Neuroscienze. Milano: Springer-Verlag Italia,.
Mitchell, S. A. e Black, M.J. (1995), L’esperienza della Psicoanalisi. Torino: Bollati Boringhieri.
Paradisi, P. (2014) Elementi di Psicosomatica. Alpes Italia.
Reich, W. (1968), di Mary BoydHiggins La funzione dell’orgasmo. Milano: Il Saggiatore (2005).
Reich, W. (1933), Analisi del Carattere. Sugarco Edizioni.
[*] Psicologa, Psicoterapeuta, Analista Reichiana