Numero 2/2012
La relazione mente-corpo embodiment, mindfulness, neurofenomenologia
di Stefania Mele
LIBRERIAUNIVERSITARIA.IT EDIZIONI, 2012
Annalisa Limosani*
La relazione mente-corpo si presenta come un testo ambizioso che introduce il lettore alle teorie più significative sulla relazione mente-corpo, teorie che, a detta dell’autrice e dei maggiori teorici della teoria della mente corporea, stanno “modificando il nostro modo di rapportarci a noi stessi come esseri umani, alla nostra conoscenza e coscienza”, teorie che stanno conducendo ad un cambiamento di paradigma.
L’autrice parte dalla riflessione sull’impossibilità di considerare mente e corpo come entità separate e distinte e grazie alle ricerche dei teorici della mente corporea, propone una definizione del complesso rapporto che collega mente e corpo il più possibile sintetica e significativa: mente e corpo sono elementi strutturanti il nostro esistere nel mondo che, in continua co-determinazione autopoietica, nell’incredibile accoppiamento strutturale che la natura ha permesso loro di realizzare, organizzano se stessi e ciò che ci circonda.
La teoria dell’autopoiesi e della mente corporea (embodied mind) e i concetti applicativi della mindfulness e della neurofenomenologia, elaborati secondo il pensiero di coloro che principalmente se ne sono occupati (Francisco J. Varela e i suoi collaboratori), sono presentati al lettore al fine di renderlo protagonista critico, aperto e consapevole del background e delle numerose potenzialità che sottendono tali costrutti.
Tali teorie sono proposte in questo testo come utili macroteorie. Nel panorama attuale si assiste al dilagarsi di meso- e microteorie sempre più valide, ma, sostiene Varela, vi è la mancanza di macroteorie che riescano a coniugare non solo i livelli di analisi e le diverse discipline ma anche il sapere scientifico con il senso particolare dell’esperienza vissuta, che considerino l’osservatore non solo come facente parte dei sistemi oggetto di studio ma anche quale fonte stessa della conoscenza.
L’obiettivo di Stefania Mele è presentare teorie che da tradizioni e contesti diversi abbiano saputo articolare significativamente i dati scientifici a disposizione, creando sintesi coerenti senza trascurare la premessa della loro significatività: la differenza (intesa come motore del dubbio, del dialogo e della curiosità). Oggettività scientifica e soggettività, come proposto dalla teoria della mente corporea, possono trovare un accordo che permetta a entrambe di contribuire alla definizione di quella conoscenza regolativa che continuamente definisce il mondo e noi con esso.
La teoria dell’embodied mind di Varela, Thompson e Rosch (1991) prendendo il via dalla premessa dell’autopoiesi (Maturana e Varela, ’72-’84) ridefinisce gli obiettivi e le finalità delle nostre scienze, cercando di portare l’uomo, oltre che fuori dal laboratorio, dentro se stesso, anche scientificamente.
I termini embodied, embedded ed enacted, impiegati dalle teorie della mente corporea, considerano le nostre vite, le nostre menti e le nostre conoscenze come corporee, contestuali e comportamentali, espressione delle proprietà biologiche che l’interazione dei nostri corpi con l’ambiente ha organizzato come identità e realtà concrete e materiali.
Varela e collaboratori affermano che il loro concetto di mente consiste nella descrizione di un processo che è concreto, corporeo e vissuto, dunque, anche esperienziale, che la nostra stessa struttura biologica e sociale ci consente di realizzare. “La mente non è nella testa”, non la si può considerare nei soli termini di una struttura cerebrale ma è collegata all’intero organismo. La mente è imbrigliata nel corpo, è distribuita ed esperita fino a divenire contenuto cognitivo attraverso l’esperienza nel corpo, del corpo stesso, cioè di tutti quei processi fisiologici ed emotivi che plasmano sia la nostra individualità fisiologica che la nostra psicologia.
Secondo gli autori c’è un solo modo per conoscere la mente: riconsiderando il senso dell’esperienza vissuta, emotiva e culturale, cioè viscero-cognitiva, che nasce sempre dal nostro corpo, in una modalità attraverso la quale facciamo esperienza dei meccanismi fisiologici che fanno di noi quello che siamo: “only one world exists for us: the one we are experiencing by these physiological processes that make us what we are” .
La mindfulness è una delle tecniche, proposte da Varela e collaboratori, che consente una regolazione del vissuto somato-psichico che si realizza soprattutto attraverso la permanenza attenta nella sensazione corporea, volta a contestualizzare l’emergere discontinuo della consapevolezza umana, rispetto al corpo e nel corpo, rispetto alle interazioni e alla società ma anche alla mente stessa.
Il concetto di mindfulness, proposto dagli autori, si riferisce al fatto che la filosofia buddhista considera la mente non come entità astratta o particolare organo che controlla il corpo e il comportamento ma piuttosto, come un processo dinamico, di cui possiamo diventare consapevoli e che possiamo esperire proprio nel rapportarci agli altri e nel vivere quotidiano. Le tecniche di mindfulness, se praticate, conducono la mente ad osservare se stessa nel suo perpetuo divenire, in modo tale da trasformare l’impermanenza e il continuo divenire quasi in una nuova forma di libertà.
Varela dedica gli ultimi anni della sua vita alla ricerca di un approccio all’esperienza rigorosamente scientifico ma alternativo: l’analisi della visione in prima persona, ovvero lo studio del mondo percepito, conosciuto e vissuto dal soggetto. Nasce così la neurofenomenologia, una denominazione studiata da Varela per descrivere un modo radicale di collegare i principi metodologici e rigorosi da lui studiati nello studio delle dinamiche che portano alla definizione dell’esperienza conscia.
Oggi, grazie alle indagini non invasive che ci permettono una visualizzazione e una registrazione in tempo reale delle dinamiche elettriche e neurochimiche del cervello, il problema della coscienza può essere affrontato con nuovi strumenti in grado di avvicinare alla scienza anche il resoconto delle esperienza soggettive, rendendo così tale resoconto oggettivo.
Il momento esperienziale presente è, secondo Varela, seppur breve, un fenomeno osservabile.
Da un punto di vista fenomenologico la mente appare come un fenomeno estremamente complesso e integrato che si estende oltre l’esperienza conscia e l’individuo singolo. La mente è un processo, un ciclo di operazioni distribuito nel tempo e nello spazio, è quindi un evento fenomenologico in divenire. Tale processo è chiaramente personale ma non privato, a diversi livelli la coscienza è inestricabilmente collegata a quella degli altri e al mondo fenomenico e, soprattutto, al nostro modo di costruire significato: evento non solo culturale ma anche biologico.
Varela propone di studiare le invarianti strutturali dell’esperienza fenomenologica, ovvero gli aspetti costanti e organizzativi che concorrono dinamicamente a costruire il tempo-momento esperito particolare, l’esperienza conscia al momento presente, sempre corporeo e individuale ma anche intersoggettivo, come gli studi più recenti sembrano confermare.
Varela e collaboratori definiscono l’esperienza soggettiva come un flusso complesso e multidimensionale di eventi che emergono nella nostra coscienza, eventi che Rudrauf (2003) definisce come una sintesi di memorie, pensieri, immaginazione, variazioni della vigilanza e focus attentivo, accompagnati dalla concomitante variazione del tono emotivo. “Affect and emotions are a privileged way for accessing the primordial body” (Varela, Cohen, 1989): le emozioni sono le parole del corpo, lo strutturarsi protonarrativo (Stern, 1995) di ciò che definiamo mentale e verbale.
Le fluttuazioni emotive, psicofisiche, vengono considerate come movimenti-momenti dinamici delle forze che portano all’organizzazione dell’intero sistema mente-corpo, all’interazione dialettica e circolare tra il corpo biologico e quello vissuto, base e presupposto per una regolazione possibile.
Stefania Mele conclude il testo sottolineando che, alla luce delle nuove scoperte scientifiche, è impossibile sostenere la dicotomia mente corpo e che attualmente il mondo della ricerca è impegnato nella ri-definizione del concetto di emozione quale elemento viscero-cognitivo.
Un libro interessante, ricco di spunti e stimolante che in modo sintetico ed abbastanza esaustivo definisce il così tanto dibattuto tema sulla relazione mente corpo. Un testo che si presenta come utile supporto scientifico alla Vegetoterapia Analitico Caratteriale che, senza ombra di dubbio, si affianca alle teorie e tecniche proposte come contributo al cambiamento di paradigma in atto.