Numero 1/2012

MASCHILE E FEMMINILE

 

Maria Luisa Di Summa*  

Questo lavoro è il resoconto di una parte del percorso di un gruppo di studio sugli aspetti differenziali della sessualità maschile e femminile, condotto dai didatti Rosanna Basili e Giuseppe Ciardiello nell'ambito della Scuola di specializzazione per psicoterapeuti della S.I.A.R. negli anni 2005-2008.

Nel gruppo sono stati affrontati temi molto vasti con un metodo caratterizzato sempre dall'assenza di dogmatismo e dall'apertura ad ogni lavoro di ricerca qualificato.

Ci ha guidati l'intento di acquisire elementi non solo conoscitivi ma soprattutto di arricchimento personale e della pratica psicoterapeutica.

Nel ripercorrere il cammino svolto nel nostro appassionante gruppo di studio sugli aspetti differenziali della sessualità maschile e femminile vorrei sottolineare quelli che considero due grandi punti fermi.

Il primo è dato da alcune parole pronunciate da Freud nella lezione sulla femminilità che leggemmo all'inizio del nostro lavoro: “Maschile è il prodotto sessuale maschile, lo spermatozoo. ... Femminile è l'uovo“ (Freud, 1915-1917, p. 219) e prosegue dicendoci in sintesi che la scienza non va molto più in là. Ma le sue parole sono forse passate inosservate tra l'entusiasmo e le speranze iniziali di poterle ampiamente smentire. L'entusiasmo non è diminuito, ma certo sempre più ci sentiamo apprendisti della differenza piuttosto che maestri. 

E forse è proprio il procedere umilmente che ci ha consentito di arrivare al secondo e, mi permetto di dire, glorioso punto fermo: la differenza tra maschile e femminile è un frattale della diversità e l'incontro con l'altro sesso è la prima scuola di educazione-autoeducazione all'incontro con il diverso e cioè all'incontro con l'altro. Credo di poter dire che la condivisione di questo punto fermo è stata per tutti noi un momento emozionante.

Dall'oggettività freudiana a quello che appare quasi un ideale etico, si è snodato per noi tutto un percorso che potremmo definire tra natura e cultura, dove a esperienze personali si sono alternate osservazioni oggettive. Ricordiamo tra i tanti testi citati nel primo anno La Dea bianca di Graves, Amore e Psiche di Neumann, L'aggressività femminile della Valcarenghi. Fin dall'inizio siamo stati consapevoli di essere in una autopoiesi e certamente anche le nostre conclusioni sono state il frutto del nostro divenire, sia nell'essere in un genere, sia nel vivere la differenza.

La spinta ad occuparsi della sessualità non ha bisogno di essere giustificata ma importante è stata per noi la consapevolezza del rapporto tra la nostra identità e la nostra esperienza sessuale. La consapevolezza che nella sessualità è in gioco l'individuo e che ogni intervento materiale o ideologico su di essa esercita un potere sull'individuo.

Questo rapporto tra sessualità e potere potremmo forse definirlo il terzo punto fermo del nostro lavoro, anche perché su di esso ritorneremo partendo da altre prospettive, come quelle del mito e della storia, che ci porteranno a fare una distinzione tra Potere e Potenza.

E' apparso chiaro che il nostro studio può essere affrontato da molti punti di vista: biologico, anatomo-fisiologico, storico, sociologico, antropologico, filosofico, psicologico.

Oggi possiamo osservare che i confini tra essi non sono sempre ben definibili e che il punto di vista psicologico, in particolare, non avrebbe consentito la nascita delle psicologie dinamiche se non avesse sconfinato.

Proprio quando si affrontano temi così vasti quale quello del maschile e del femminile questo sconfinamento può apparirci come un riappropriarsi di quanto appartenendo all'uomo o alla natura, si è andato frammentando nel corso dei secoli nelle varie branche del sapere fino a separare l'uomo sia dalla natura che dal suo stesso sapere. In questo senso le psicologie dinamiche potrebbero aprire la strada ad un nuovo umanesimo là dove, rinunciando al dogmatismo si mostrassero capaci di contribuire ad un metodo di ricerca del vero, metodo che in ambito scientifico è oggi ancora problematico.

Possiamo perciò forse ora riguardare il nostro esserci occupati del mito come un esserci volti a un tempo pre-scientifico in cui non esistevano distinzioni e dunque confini tra le varie discipline e tutto il nostro lavoro come un tentativo non solo di ricerca sul tema del maschile e del femminile ma anche di riflessione sul metodo di ricerca.

Uno dei primi interrogativi che ci siamo posti è quello che ci accompagna ancora oggi: quando inizia l'identità sessuale? La nostra attenzione alla vita intrauterina rende ancora più complessa la ricerca portandoci oltre le visioni psicoanalitiche tradizionali (invidia del pene, angoscia di stupro - ricordiamo la lettura della Dolto Il desiderio femminile - l'Edipo e il problema della identificazione pre-edipica con la madre) che avevamo visto nella già citata lezione di Freud sulla femminilità.

I nostri primi approcci al tema hanno anche risentito fortemente delle problematiche che più frequentemente incontriamo sia nel lavoro di terapeuti sia nella nostra vita: il ruolo della donna, la sua situazione sociale, i significati antichi e moderni della verginità, il problema della libertà sessuale femminile e dell'autonomia della donna, il problema di garantire la certezza della paternità, le finalità naturali e sociali delle tradizionali caratteristiche femminili e maschili. Proprio nella ricerca dell'origine di queste caratteristiche abbiamo iniziato una esplorazione dei miti della femminilità con alcuni testi fondamentali, tra cui: Il linguaggio della dea di Maria Gimbutas e i lavori di Graves, I misteri della donna di Ester Herding, psicoterapeuta junghiana.

Ma tutta la sapienza del mito sembra essere finita tragicamente se è vero che nel Medioevo un numero impressionante di donne (quasi un olocausto!) sono morte sul rogo.

Anche il tema dell'incesto, forse all'inizio legato al mito dell’androgino divino, è stato preso in considerazione nei nostri primi incontri. Lo ritroveremo al terzo anno nel considerare il tabù dell'incesto una necessità evolutiva, secondo la visione di Levi-Strauss, accanto alle necessità evolutive che ipotizzeremo essere all'origine della differenziazione sessuale. Avevamo citato il testo Storia delle origini della coscienza di Neumann, a proposito del passaggio dalla grande madre al prevalere dell'elemento maschile.Tristano e IsottaJ. Duncan, Tristano e Isotta

Più di uno sono i punti fondamentali ancora da chiarire o le domande che potremmo porre. Una prima domanda è: la nostra visione ci consente un approccio al mito che abbia una sua peculiarità rispetto per esempio all'approccio junghiano? In altre parole: è possibile rileggere il Mito alla luce di una maggiore attenzione alla corporeità? E ancora: che senso ha per noi la controversia tra Jung e Graves sul Mito?

E ci siamo fatti un'immagine sufficientemente chiara di quella che abbiamo definito Grande Dea o Grande Madre, in relazione soprattutto alle sue caratteristiche androgine?

Abbiamo riconosciuto nella fine di questa Potenza androgina o meglio, nella presa di coscienza di una Potenza maschile entro di essa, il primo passo della trasformazione-degenerazione della Potenza in Potere.

Ci sembra che questo tema sia particolarmente importante e che meriterebbe di essere approfondito anche alla luce delle diverse interpretazioni, quella psicoanalitica tradizionale e quella di Bettehleim espressa nel testo Ferite simboliche. Una interpretazione psicoanalitica dei riti puberali. Credo di poter dire che ci ha convinti di più l'ipotesi di una finalità di gestione della sessualità quale Potenza maschile che quella di una imposizione del Potere, anche se questo comporta forse la necessità di rivedere sotto un'altra luce sia l'angoscia di castrazione che l'angoscia di stupro.

A queste problematiche si collega ancora un tema importantissimo che è quello del Super-Io e delle eventuali differenze tra Super-Io maschile e femminile.

E' interessante notare come fin dall'inizio ci siamo posti proprio questo problema, che riprenderemo due anni dopo (quello della formazione del Super-Io fin dalla vita intrauterina). Ma questo equivale ad affermare che il Super-Io non è solo figlio dell'angoscia di castrazione che sconfigge l'Edipo, cioè figlio di una relazione con il potere, ma che ha a che fare con una sorta di relazione primaria, prenatale, intrauterina, con una realtà energetica (materna?) che ha più le caratteristiche della Potenza. Relazione questa che trova il suo luogo anatomico negli annessi embrionali e la sua modalità nel contatto intrauterino che avrà poi nel parto, e nel canale del parto, il suo culmine quale percezione di Sé e dunque importante esperienza di integrazione per lo sviluppo dell'Io.

All'inizio del secondo anno ci siamo soffermati sulla natura dei genitali femminili (Storia di V, di Catherine Blackledge) e sulle visioni culturali che hanno modificato le realtà originarie.

A ciò si lega il problema del piacere femminile che certamente ha rappresentato in tempi e luoghi diversi un elemento di pericolo. Sono state fatte delle ipotesi, ma sulla natura di questo pericolo restano aperti alcuni interrogativi. Quanto già detto sulla potenza e sul potere e sulle necessità evolutive legate al sorgere della coscienza, può essere forse una traccia per ulteriori approfondimenti. Anche se le offese e le umiliazioni subite nel corso della storia dal corpo femminile non possono essere giustificate e ci lasciano sgomenti.

L'interrogativo sull'inizio della identità sessuale ci ha portati a considerare come questa si formi a partire dalle differenze cromosomiche.

Abbiamo ricordato la maggiore vulnerabilità del cromosoma Y. E allora, forse, invece che simbolo del potere maschile lo abbiamo visto come una fragile barchetta che, tra i pericoli di un grande mare femminile, porta avanti l'evoluzione, approdando alla terra da coltivare, alla necessità del proprio dominio, alla sacralizzazione di se stesso (cioè alla sacralizzazione del fallo)al mistero del suo rapporto con la vita (Phallos, Il maschile nel mito, nella storia, nella coscienza d’oggi di E. Monick).

Sappiamo che a lungo fu un mistero il rapporto tra sperma e procreazione, appartenendo alla scienza moderna la scoperta dei processi della fecondazione, ma la coscienza del rapporto tra fallo e concepimento sembra invece molto più antica e ci siamo chiesti se sia stata essa la causa della sua sacralizzazione o se questa non fosse invece precedente, legata piuttosto all'esperienza dell'erezione quale misterioso e sovrumano mutamento energetico.

Del resto il portatore degli spermatozoi è lo scroto, non il fallo. Avevamo visto l'anno precedente l'immagine di una divinità che appariva ornata di mammelle che in realtà erano scroti.

Ma sia la funzione sessuale che la differenziazione sessuale ci porta alla necessità di chiederci innanzitutto cosa sia la sessualità. E' l'energia universale di Reich? E' la libido di Freud? Quali sono le sue manifestazioni oltre a quella genitale? E la procreazione in che rapporto è con questa energia e con questa libido?

Dalla constatazione che solo l'uomo, rispetto agli altri esseri, può separare rapporto sessuale e procreazione ci soffermiamo su quest'ultima e arriviamo a considerare il momento del parto.

Anche il parto è un punto fermo delle nostre storie individuali e della storia della differenza. L'esperienza del parto l'abbiamo caratterizzata come un'esperienza di vita e di morte, ma anche come una particolare esperienza del tempo e dello spazio. Ci siamo detti che questa esperienza trae forza dalla percezione femminile del necessario, l'àncora a questo, sottraendola a quella tensione evolutiva che è superamento del tempo e dello spazio che è propria del maschile e che è in fondo il prevalere dell'importante sul necessario. Ci è subito apparso chiaro quanto fosse significativa questa distinzione e abbiamo ipotizzato che sia attraverso l'Importante e non attraverso il Necessario che procede l'evoluzione.

Il leggere la differenza tra maschile e femminile e l'alternarsi del loro predominio nella storia alla luce di necessità evolutive estremamente profonde è stato a mio avviso un punto centrale del nostro lavoro. Come se avessimo sentito anche una relazione tra la possibilità di una esperienza cosciente del maschile e del femminile e quanto in noi si collega al nostro senso della libertà.

In ogni caso tutti siamo stati d'accordo nel ritenere che la differenza maschile e femminile è anatomica, energetica, psichica e che tende, nell'incontro, a una maggiore neghentropia. Che dunque la sessualità è anche uno scambio di energie tra due campi.

Dalla coscienza della differenza siamo ripartiti per riprendere il nostro interrogativo: Quand'è che inizia la coscienza della differenza, cioèl'identità sessuale? Cosa c'è prima dei concetti e delle parole che danno voce alla coscienza?

E' interessante osservare che nella vita intrauterina troviamo due realtà opposte riguardo all'identità sessuale e cioè: la differenza cromosomica, presente fin dal concepimento, e l'identità morfologica nelle prime fasi embrionali.

Quand'è che inizia l'identità sessuale? E' una domanda complessa a cui ognuno di noi risponde più con il sentimento che con dati oggettivi.

Però è una domanda che si rivelerà molto importante soprattutto perché apre nuovi scenari sia sulla relazione madre-feto, che è innanzitutto relazione fisica, chimica ormonale; sia sulla relazione vita-coscienza che è quella che caratterizza l'esistenza umana.

All'inizio del terzo anno riprendiamo questa domanda alla luce delle conoscenze acquisite a proposito di protomentale e memoria implicita.

Per quanto riguarda il biologico confermiamo che il maschile è una svolta, un bivio sia genetico che morfologico, ma anche che del biologico fa parte l'ambiente intrauterino, quella relazione madre-feto sulla quale ci eravamo lasciati al termine del secondo anno e per la quale ipotizziamo ancora un ruolo nella differenziazione sessuale.

Inoltre sottolineiamo come per noi il protomentale inizi nella vita intrauterina. 

Uno degli aspetti più affascinanti della vita prenatale pensiamo che sia quello della formazione del Super-Io. Lo definiamo asessuato, ma non abbiamo certezze. Nasce un interessante dibattito. Ci chiediamo se il Super-Io del maschio sia più materno e quello della femmina più paterno (ma non si era detto all'inizio del nostro lavoro che Freud lo considerava meno strutturato di quello maschile?), ma questo su quali basi biologiche avverrebbe se partiamo dall'intrauterino? Certamente per quanto riguarda il biologico ci sentiamo di affermare che di tutte le variabili che determinano l'identità di genere (culturali, sociali, storiche, ecc.) quella organica di sesso biologico è l'unica invariabile e tuttavia come non ritornare a quell'affermazione di Freud che sicuramente maschili e femminili sono solo lo spermatozoo e l'ovulo?

Questo non ci impressiona più di tanto visto che ormai siamo concordi nell'affermare che la differenziazione sessuale non è una necessità del vivente. Allora che necessità è? Si direbbe una necessità della coscienza, della nascita dell'individualità, della diversità. Ed eccoci allora al momento magico: la differenziazione sessuale è un frattale della diversità e il momento non sarebbe stato così magico se non avessimo anche sentito che la diversità è un frattale dell'evoluzione.

Ci è chiaro ormai che questa diversità si struttura in un lungo cammino che inizia nella vita intrauterina e prosegue oltre la pubertà e l'adolescenza segnando tutta l'evoluzione organismica, ma sappiamo anche che determinanti sono i primi passi, quelli che precedono e quelli che seguono la presa di coscienza della propria appartenenza ad un genere.

Resta irrisolto e forse irrisolvibile il dubbio su tutto ciò che precede questa presa di coscienza perché sia la vita intrauterina che i primi atti dell'esistenza non possono che essere interpretati in chiave adultomorfa.

Certamente esistono percezioni legate alla propria realtà fisica, ormonale, energetica, ma è possibile che solo successivamente vengano integrate nella coscienza accanto ad altre sensazioni che vanno a mettersi in relazione con esse.

E' l'esperienza che consente il formarsi di un substrato neurofisiologico e psichico che a sua volta permette l'elaborazione dell'esperienza: c'è un rapporto reciproco. Nella prima fase di questo rapporto sensazione e consapevolezza sono distinte.

Ci sembra perciò di poter dire che la sensazione della differenza può anche iniziare nella vita intrauterina ma è piuttosto sensazione di sé e del proprio stato fisico-energetico, perché non solo è assente la coscienza del proprio sesso ma la stessa coscienza della differenza.

Esperienza della differenza inoltre significa esperienza della separazione e importante è stato a questo punto considerare che prima del parto, che è la prima separazione, questa esperienza è assente.

Con il proseguire del lavoro si delineano più chiaramente alcuni elementi che caratterizzano questo nostro studio.

Più volte nella nostra ricerca è apparso che questo tema del maschile e del femminile si presta in modo singolare ad aprire interrogativi sul metodo di ricerca in generale.

E' un tema che facilmente manda in crisi le leggi meccanicistiche del mondo scientifico, è proprio il problema dell'energia sessuale che non può essere risolto, compreso, nell'ambito di queste leggi e che conduce alla necessità di indagare leggi che potremmo definire cosmiche.

Riconsiderando il lavoro svolto, rimane aperto un interrogativo sulla possibilità di una rilettura del mito partendo dalla corporeità.

Osserviamo anche come l'interrogativo che ci siamo sempre posti su quando inizia la percezione della differenza sessuale - indagine che ci ha condotti fin nella vita intrauterina - possa divenire un interrogativo sugli strumenti sensoriali e concettuali con i quali indaghiamo queste realtà, e in ultima analisi sulla loro legittimità d'uso applicato a realtà che precedono l'esistenza di tali strumenti, come accade appunto nella vita intrauterina quando la mente, i concetti, sono ancora lontani.

L'unica conclusione che ci sentiamo di condividere è che tutto quello che c'è prima possa avere un'influenza su quello che c'è dopo, ma che è lo stato di coscienza che c'è dopo che porta a coscienza quanto lo ha preceduto secondo le categorie, la logica e l'esperienza che gli è propria.

Un'altra osservazione interessante è quella del prevalere dell'elemento liquido quale mezzo di comunicazione e strumento di percezione nella vita intrauterina.

Ci siamo chiesti se questo elemento liquido possa essere del tutto compreso attraverso un'indagine chimica, ormonale ecc. sia nella vita intrauterina che, in genere, nel suo essere parte essenziale dei tessuti, della muscolatura e dunque della storia di questa, del suo modificarsi nel tempo, dei suoi blocchi.

Il porre continuamente l'accento sulla vita intrauterina ci porta alla necessità di fare una distinzione tra protomentale e memoria implicita che invece sembrano sovrapporsi se collocati entrambi nel prenatale.

Per noi il protomentale è ipotizzabile che inizi intorno al sesto-settimo mese, cioè nel momento in cui inizia la possibilità di sopravvivenza, e precede la comparsa della mente, che è poi una comparsa determinata dalla nascita, dal bisogno che insorge col cambiamento delle relazioni.

Tutto il percorso di sviluppo del bambino, fin dal concepimento e anche prima, a partire dal rapporto tra i genitori, è caratterizzato da relazioni. E riteniamo che la relazione abbia un carattere energetico. E l'identità è legata a questa situazione energetica originaria come più tardi sarà legata all'esperienza della propria realtà energetica sessuale e relazionale.

Gli interrogativi sull'origine temporale della differenziazione sessuale sono legati per noi a questi assunti.

Ribadiamo ancora la nostra volontà di trovare nello studio della differenziazione sessuale una ratio per la psicoterapia anche a partire proprio dalle differenze energetiche la cui esistenza è stata considerata anche in altri ambiti, come nello Yoga, dove si parla di energie maschili e femminili diversamente dislocate nella corporeità, ad esempio a destra o a sinistra, collocazione di cui teneva conto anche Navarro [1], traendone tra l'altro dei criteri per argomentare circa la posizione spaziale del terapeuta rispetto al paziente.

Anche su questo rimangono aperti degli interrogativi.

Bibliografia
  •  Bettehleim, B. (1996), Ferite simboliche. Una interpretazione psicoanalitica dei riti puberali. Milano:Bompiani.
  • Blackledge, C. (2003), La storia di V. Biografia del sesso femminile. Milano:Il Saggiatore.
  • Dolto, F. (1994), Il desiderio femminile. Milano: Oscar Mondadori.
  • Freud, S. (1915-1917), Introduzione alla psicoanalisi. Nuova serie di lezioni (1932), Volume XI, “La femminilità”. Torino: Boringhieri.
  • Gimbutas, M. (1989), Il linguaggio della dea. Venezia: Neri Pozza.
  • Graves, R. (1992), La dea bianca. Milano: Adelphi.Herding, E. (1971), I misteri delle donne. Roma: Astrolabio.
  • Monick, E. (1989), Phallos, il maschile nel mito, nella storia, nella coscienza di oggi. Como: Red.
  • Newman, E. (1971), Amore e Psiche. Roma: Astrolabio.
  • Newman, E. (1978), Storia delle origini della coscienza. Roma: Astrolabio.
  • Valcarenghi, M. (2003), L’aggressività femminile. Milano: Bruno Mondadori.
 * Medico, Psicoterapeuta, Analista
 [1] Federico Navarro (1924 - 2002), medico psichiatra, analista, allievo di Ola Raknes - a sua volta formato da Wilhelm Reich – è stato il fondatore dei primi gruppi reichiani in Italia; poi presidente onorario della S.I.A.R. Ha sistematizzato gli acting della Vegetoterapia Carattero Analitica. 
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