LE RADICI ESPERIENZIALI CORPOREE DEL LINGUAGGIO

 

Sara Della Giovampaola[*]

 

Abstract

     Il linguaggio è una funzione umana fulcro di interesse filosofico, psicologico, neurologico, epistemologico. L’articolo individua nell’approccio psicofisiologico un ponte interdisciplinare in grado di connettere le tesi filosofiche sul linguaggio con lo studio scientifico sperimentale. A rinforzo di questa affermazione sono presentate alcune ricerche sperimentali che evidenziano la matrice corporea del pensiero linguistico e il ruolo della tensione muscolare nel processo di attribuzione di significato ai suoni linguistici modulati dalla grammatica e dalla sintassi.

 

Parole chiave

     Decodificazione linguistica - Metafore concrete – Psicofisiologia – Grammatica - Sintassi – Semiotica.

 

Abstract

     Language is a human ability representing the centre of philosophical, psychological, neurological and epistemological interest. The essay identifies in the psychophysiological approach an interdisciplinary “bridge” able to connect philosophical thesis on language to the experimental scientific research. In support of such allegation certain experimental researches highlighting the corporeal matrix of the linguistic thought and the muscular strain’s role within the process of attributing meaning to linguistic sounds modulated by grammar and syntax are presented.

 

Keywords

     Linguistics decoding- Concrete metaphors – Psychophysiology -Grammar – Syntax – Semiotics.

 

 

Linguaggio e costruzione del significato

     Su quali siano le proprietà del linguaggio sembra esserci un certo consenso. Essenzialmente pare avere una funzione comunicativa creando una relazione fra il simbolo e il suo referente. Per dirla con Noam Chomsky il linguaggio è quella componente della mente-cervello, parte della dotazione biologica dell’uomo. Una volta messo a contatto con i dati, il bambino, o più specificatamente la facoltà del linguaggio del bambino, sviluppa il linguaggio, un sistema computazionale di un certo tipo che fornisce rappresentazioni strutturate delle espressioni linguistiche che determinano il loro suono e significato (Chomsky, 1988).

     Sappiamo che il linguaggio è un prodotto dell’attività fisiologica regolata da diversi siti cerebrali (Centro di Broca del lobo temporale, aree frontali ecc.) in interazione con l’apparato fonatorio (gabbia toracica, laringe ecc.), che interviene sulla organizzazione delle parole che sono elementi acustici che prendono forma in una determinata cultura ed assumono il ruolo di rappresentazione. Eventi sonori che nascono in contesti sociali acquistano forme e significati trasformandosi in attività bioelettrica neuronale che entrano a far parte del deposito intracellulare della memoria.

     Le ricerche di neurolinguistica, volte a integrare i recenti dati della Psicolinguistica e della Linguistica con quelli della Neuropsicologia, puntano alla scoperta di un sistema funzionale cerebrale che costituisce la base del linguaggio e dell’attribuzione di significato al linguaggio basandosi sull’analisi delle lesioni localizzate di aree cerebrali in grado di causare disturbi specifici nei processi verbali dai primi stadi di sviluppo linguistico (legato al riconoscimento dei fonemi) agli stadi successivi (riconoscimento delle parole, comprensione della frase ecc.). Lurjia approfondisce la struttura psicologica della funzione linguistica per studiarne le interazioni funzionali (Kaplan- Solms, Solms, 2002). Per Lurjia (Lurjia 1975; 1977 cit. in Ruggieri 2011) il linguaggio verbale è una funzione dell’interazione tra diverse aree encefaliche anche distanti, l’area motoria frontale (per la componente espressiva), l’area temporale (per la componente recettiva, area dell’analisi acustico- fonemica), l'area temporo-parieto-occipitale (esposta all’analisi delle informazioni propriocettive di ritorno, analisi semantica). Egli aveva osservato la presenza di “afasie semantiche” in pazienti con lesioni cerebrali in corrispondenza del Giro Angolare, cioè una regione temporo-parieto-occipitale in cui si intrecciano informazioni acustiche, visive e cenestesiche. Questo secondo Ruggieri (2011) indica che nella regione cerebrale individuata da Lurjia come sede dell’analisi semantica, e la cui distruzione genera afasia, si intrecciano molteplici immagini mentali proveniente dai diversi canali sensoriali sia che essi derivino da stimoli sensoriali percettivi che da processi immaginativi auto - evocati.

     Le parole per Ruggieri sono “eventi sensorial-percettivi generati dall’apparato di fonazione e percepiti dai recettori acustici” (Ruggieri, 2011) che prendono forma nelle relazioni sociali di una cultura linguistica ed assumono il ruolo di rappresentazione (ciò che la tradizione linguistica chiama significante) di altri eventi (significato). Questi stimoli sonori prendono la forma di rappresentazioni acustico-sonore che sono immagini acustiche di eventi. La parola acquisterebbe cioè significato nel momento in cui il suono diventa rappresentante di un evento che è rappresentato anche da un’immagine visiva e/o di altre rappresentazioni sensoriali. Il significato nasce come in un gioco di specchi, da un continuo confronto tra immagini-rappresentazione che si sviluppano in diversi canali sensoriali in virtù di un automatico processo di ri-trascrizione.

     La trascrizione è alla base del riconoscimento della parola ed avverrebbe proprio in quel tanto nominato corpo che gli studi sul linguaggio limitano però poi di fatto all’apparato fonatorio e ai siti cerebrali sede dei processi linguistici. Per l’approccio psicofisiologico le rappresentazioni mentali che si creano attraverso la trasduzione dell’informazione afferente dal mondo esterno o autoprodotta dalla memoria del soggetto, si trasformano in rappresentazioni e in micro-azioni corporee di distretti specifici o generali diffuse, per essere lette e interpretate dall’Io come vissuto. Questo processo squisitamente corporeo starebbe alla base dell’attribuzione di senso al suono. Ma per comprendere questo c’è bisogno di un modello teorico in grado di cogliere i nessi tra processi nervosi centrali e periferia corporea e di una teoria delle emozioni.

 

Il corpo genera significato attraverso il sentire. Perché per studiare il linguaggio (e il pensiero linguistico) bisogna comprendere che cosa sono le emozioni?

     Esistono diversi modelli teorici che tentano di spiegare il fenomeno emozionale. Dalle teorie che pongono l’accento sulla valutazione cognitiva dell’attivazione fisiologica generale (modello di James e Lange, teoria di Scahter-Singer e Lazarus), alle teorie biologiche basate sull’ipotesi del feed-back facciale (Izard) ecc. Da un punto di vista psicofisiologico integrato l’emozione è un pattern di risposta comportamentale generato da stimoli esterni o interni che agiscono sui sistemi cerebrali (Ipotalamo, Sistema Limbico) i quali programmano e gestiscono la realizzazione alla periferia della risposta. L’attività corporea periferica ad opera del sistema muscolare e del sistema neurovegetativo a sua volta produce segnali di ritorno nuovamente sintetizzati dal Sistema Nervoso Centrale che connotano l’esperienza sul piano del piacere-dolore.

CatturaCon lo stimolo "io sono al mare" la rappresentazione mentale visiva del mare è frontale rispetto al soggetto che osserva.

     Secondo la teoria delle emozioni di James e Lange (James, 1984) il soggetto vede lo stimolo (per esempio un leone come nelle iconografie classiche dei libri di fisiologia), comprende il pericolo e scappa e lo scappare produrrebbe in seconda battuta il vissuto di paura. Quindi non scappa perché ha paura ma ha paura perché scappa. Ruggieri (1987) approfondisce questo livello del comportamento emozionale istintivo indicando che esso consiste in due tempi, uno appetitivo preparatorio e uno consumatorio. Dunque dalla percezione (per esempio visiva) di uno stimolo (per esempio il leone) il Sistema Nervoso Centrale attraverso la produzione di rappresentazioni mentali sarebbe in grado di modificare il tono muscolare producendo contrazioni cosiddette isometriche (della fase appetitiva del comportamento istintivo di attacco-fuga) e non isotoniche (della fase consumatoria) che sono proprie invece della produzione dei gesti. Queste contrazioni isometriche prodromiche alla realizzazione del comportamento producono segnali nervosi (re-afferentazioni di ritorno) sintetizzati dal Sistema Nervoso Centrale come vissuti (esperienza avvenuta nel corpo). Ed è esattamente qui che Ruggieri colloca la genesi del sentimento. Esso e’ una parte del più ampio costrutto dell’emozione. Ed è il tratto distintivo dei processi di decodificazione in generale (decodificazione sonora, visiva, tattile ecc.) e anche alla base del processo di attribuzione di significato.

     Questo processo trifasico di impulsi nervosi che dalla struttura (corpo) danno luogo a funzioni mediante un processo di sintesi astraente dell’informazione che investe le rappresentazioni che a loro volta vengono processualmente confermate o disconfermate attraverso il riscontro periferico, è un modulo (sistema funzionale) basilare di tutti i processi di percezione. Ogni processo percettivo produrrebbe cioè un duplice livello di decodificazione dei contenuti dello stimolo (input), da una parte analogico denotativo che esita nella rappresentazione corticale e dall’altro connotativo (del feeling) in grado di attivare il sentimento che viene attribuito allo stimolo. La connotazione è legata a segnali che attivano l’asse funzionale piacere-dolore. Questo ordine di segnali si collega a sua volta con i segnali analogici di cui spiega i significati soggettivi emozionali. Una sorta di risposta corporea alle rappresentazioni cerebrali. Tra questi segnali connotativi hanno un ruolo determinante i segnali provenienti dalla tensione muscolare. Attraverso i recettori di tensione l’apparato muscolare genera il sentire.

     Questo duplice meccanismo sta alla base anche della decodificazione linguistica in virtù del fatto che attraverso la muscolatura, unitamente ai processi rappresentazionali, l’ascoltatore è in grado di sentire su di sé l'effetto e l'entità di ciò che ascolta, traducendo in vissuto parole, pause, accenti, discorsi. trifasico di impulsi nervosi che dalla struttura (corpo) danno luogo a funzioni mediante un processo di sintesi astraente dell’informazione che investe le rappresentazioni che a loro volta vengono processualmente confermate o disconfermate attraverso il riscontro periferico, è un modulo (sistema funzionale) basilare di tutti i processi di percezione. Ogni processo percettivo produrrebbe cioè un duplice livello di decodificazione dei contenuti dello stimolo (input), da una parte analogico denotativo che esita nella rappresentazione corticale e dall’altro connotativo (del feeling) in grado di attivare il sentimento che viene attribuito allo stimolo. La connotazione è legata a segnali che attivano l’asse funzionale piacere-dolore. Questo ordine di segnali si collega a sua volta con i segnali analogici di cui spiega i significati soggettivi emozionali. Una sorta di risposta corporea alle rappresentazioni cerebrali. Tra questi segnali connotativi hanno un ruolo determinante i segnali provenienti dalla tensione muscolare.   Attraverso i recettori di tensione l’apparato muscolare genera il sentire.

     L’analisi bioesistenzialista (Ruggieri, 2011) guarda dunque con interesse gli sviluppi concettuali in particolare la letteratura sulla “semantica incarnata” (Buccino, Mezzadri, 2015) secondo cui a livello encefalico si collegano operazioni di decodifica del linguaggio verbale con attivazione di sistemi di regolazione motoria (cortico-spinale). Sono state riscontrate tramite risonanza magnetica per immagini attivazioni di aree della Corteccia Premotoria e Motoria dell’emisfero sinistro durante l’osservazione di azioni e l’ascolto di frasi che descrivono azioni. Altri studi mostrano che i potenziali motori evocati registrati dai muscoli di mani e piedi sono modulati dall’ascolto di espressioni di verbi (Buccino et al., 2005 cit. in Ruggieri, 2011). Altre ricerche individuano che la comprensione di una frase avviene attraverso una “simulazione interna” dell’azione (Fisher et al. 2006; Matlock et al 2004 cit. in Ruggieri, 2011). L’approccio psicofisiologico di Ruggieri permette di mettere a fuoco con maggiore chiarezza alcune componenti strutturali del linguaggio verbale (e del pensiero linguistico che ne deriva) definendo puntualmente la struttura psicofisiologica dei processi immaginativi e periferici che sottendono alle funzioni linguistiche che spiegano il come un suono si trasformi in contenuto di senso attraverso la decodificazione corporea.

 

Linguaggio e pensiero linguistico: riflessioni su base sperimentale

     A partire da un’analisi immaginativo-rappresentazionale Ruggieri considera il pensiero linguistico come una sequenza di atti programmatici dell’attività verbale che coinvolge a livello periferico gli stessi apparati di fonazione coinvolti nel linguaggio ma in modo appena accennato, non udibile sul piano acustico. Già Lurjia (1975) aveva dimostrato il coinvolgimento della lingua mentre il soggetto elabora un pensiero linguistico. Ruggieri (2011) riprende questa tradizione fisiologica mostrando come la decodificazione del linguaggio verbale può accendere rappresentazioni mentali identiche a quelle che compaiono nella riproduzione mentale del messaggio linguistico. Già precedentemente aveva dimostrato la sostanziale identità tra processi percettivi e immaginativi, entrambi avrebbero in comune la rappresentazione e le modificazioni corporee.

     Nell’immaginare una nave all’orizzonte, per esempio, il cristallino effettua le stesse modifiche di curvatura che compaiono guardando realmente l’immagine di una nave all’orizzonte (Ruggieri, 1994). Allo stesso modo ascoltando una frase (“Il signor x torna a casa dal lavoro”) nell’81% dei soggetti sperimentali si ha una rappresentazione visiva dell’evento sia del soggetto (sintagma nominale) che dell’azione (sintagma verbale). Anche nella ripetizione autoprodotta (pensiero linguistico) della stessa frase il 69% dei soggetti ha una rappresentazione visiva. Ciò indica che il pensiero linguistico e la decodificazione verbale attraverso l’ascolto esitano entrambi in una rappresentazione, confermando di fatto che sia i processi immaginativi che percettivi possono essere considerati eventi percettivi autoevocati (Ruggieri, Plevi in Ruggieri & coll., 2011).

     Per documentare il ruolo della periferia corporea in questo processo di decodificazione l'autore si è chiesto che cosa sarebbe accaduto a livello immaginativo quando ascoltando la stessa frase i soggetti erano invitati ad assumere particolari posizioni corporee o immobilizzare particolari distretti del corpo. Entriamo nel merito della relazione tra tensioni muscolari periferiche e decodificazione verbale osservando gli effetti prodotti dall’artificio dell’inibizione. Ebbene, in numerosi soggetti la rigidità eteroindotta riduce la presenza di rappresentazioni visive e non c'è signor x che torna a casa dal lavoro! La tensione inibitoria dunque renderebbe impossibile la modulazione periferica necessaria ai processi corticali di sintesi astraente che sottostanno ai processi cognitivi.

Cattura 1Con lo stimolo "se io fossi al mare" la rappresentazione visiva del mare è obliqua rispetto al soggetto che osserva.     Sarebbe interessante in proposito studiare i processi inibitori legati all'aumento di tensione muscolare anche in relazione all'intuizione di Wilhelm Reich circa un rapporto tra rigidità periferica (corazza), struttura di personalità e caratteristiche cognitive.

     Ma entriamo ancora meglio nel merito dell’attribuzione del significato. In altre ricerche sulla relazione fra sistema motorio e decodificazione verbale Ruggieri ha evidenziato la matrice corporea del linguaggio, analizzando la percezione di alcune metafore linguistiche (Ruggieri, Fabriani in Ruggieri & coll., 2011). Ai soggetti sperimentali veniva chiesto di pensare ad alcune frasi valutando la fluidità del pensiero. Per osservare se le rappresentazioni mentali derivino da meccanismi sensoriali elementari fondamentalmente legati al gioco di tensione muscolare Ruggieri si è posto in osservazione ancora una volta di ciò che sarebbe accaduto a livello di rappresentazione linguistica chiedendo ai soggetti di immobilizzare alcuni distretti del corpo. Ecco cosa accade: immobilizzando mani e polsi i soggetti non potevano immaginare la frase riesco ad afferrare questo concetto. Immobilizzando il distretto oro-labiale non era possibile immaginare di assumere un atteggiamento cosi come era impossibile immaginare di concepire un programma quando il soggetto aveva il bacino e le cosce immobilizzate!

     Appare più chiaro a questo punto che il corpo non è solo un correlato linguistico legato all’apparto fonatorio ma la base materiale da cui origina il pensiero secondo un progressivo processo di astrazione dell’informazione sensoriale a partire dalla materia. Esisterebbe cioè una relazione fra l’operazione di decodificazione di frasi costituite da metafore corporee che sono impiegate in processi cognitivi e la componente gestual-corporea a cui la metafora si riferisce. L’inibizione attraverso la rigidità muscolare che immobilizza il distretto in cui possono svilupparsi le gestualità utilizzate per la costruzione di metafore impedirebbe la costruzione della metafora stessa in un elevatissimo numero di soggetti.

     È importante ricordare, per la comprensione dell'esperimento, che l’effetto inibitorio della metafora è specifico per il distretto corrispondente. L’inibizione di altri distretti cioè non influisce sulla corretta decodificazione della metafora. Ciò era stato verificato sia attraverso confronti con frasi stimolo neutre, non contenenti metafore linguistiche, sia attraverso confronti incrociati tra metafore e diversi distretti.

La semantica e la semiotica: processi psico-corporei

     Ecco che l’incarnazione della semantica (ricordiamo che la semantica è quella parte della linguistica che studia il significato delle parole, delle lettere, delle frasi, dei testi) non è solo un astratto enunciato teorico ma attraverso l'approccio psicofisiologico essa può diventare una teoria in grado di spiegare anche attraverso la sperimentazione delle ipotesi il come dei processi psicofisici del dare significato. E anche la semiotica classica (disciplina che studia i segni e il modo in cui questi abbiano un senso) essendosi sviluppata come teoria logico-linguistica non si era confrontata con le tematiche della percezione rimanendo a lungo appiattita su un testualismo di matrice strutturalista. L’incontro tra la semiotica e la fenomenologia (che anche prima di Merleau Ponty fa della percezione l’oggetto principale di indagine) è stato a lungo ignorato (Altieri, 2018). Nuovi e più recenti approcci tentano di far incontrare semiotica, fenomenologia e filosofia del linguaggio in quello che comincia a comparire concettualmente come testo carnale in cui viene investigata semioticamente la formazione del senso.

     Saussure si era concentrato sul segno linguistico la cui espressione era un’immagine acustica. Sulla base della distinzione tra la parola (sensibile) e il suo contenuto (astratto), una scienza dei segni si doveva occupare del senso e la fonetica della dimensione materiale. Secondo Eco (1975) questo paradigma pare essere stato messo in discussione da Jakobson il quale avrebbe posto le basi per una saldatura tra la tradizione strutturalista, la semiotica e la fenomenologia di Husserl. Il linguaggio esiste per Jakobson per produrre significati (istanza significante di ogni dire). Se per Saussure il segno era un evento mentale e dunque incorporeo, Jakobson ne sottolinea invece il carattere incarnato dei suoni che esprimono i fonemi. Fabbri e Marrone (2001, cit. in Altieri, 2018) hanno parlato di rivoluzione estetica per cui le componenti sensoriali contribuiscono attivamente a costruire i piani semiotici. Si parla allora del corpo come luogo della genesi del significato. Ma tale concetto prende ancora una volta sfaccettature ampie e talvolta astratte. Fontanille parla di soggetto incarnato come operatore di semiosi ma secondo Altieri (2018) pare tenere ancora separati il piano dell’espressione dal piano dei contenuti. A oggi pare dunque che bisogna ancora difendersi dal paradigma linguistico che tende a scindere la parola dal suo contenuto.

     Per il filosofo della post-filosofia, Richard Rortry, la filosofia del linguaggio ordinario (approccio nominalistico per cui i problemi filosofici sarebbero relativi al significato delle parole, riferimento all’ultimo Wittgenstein) e l’altra filosofia del linguaggio la cosiddetta analitica (alla ricerca di un linguaggio definitivo) operano quella svolta linguistica attraverso cui la filosofia ha potuto riformulare tutte le tematiche della storia della filosofia attraverso un nuovo paradigma (Restaino, 1990). Queste osservazioni per quanto molto generali sull'intreccio tra l'approccio filosofico e fenomenologico semiologico a mio avviso fanno balzare agli occhi che quella legittima differenziazione di modi di pensare tra filosofi e ricercatori sperimentali che in fase analitica è necessaria alla scomposizione del problema, non risulta però ricomporsi in una fase successiva di sintesi.

     La riflessione psicofisiologica tenta di costruire un ponte interdisciplinare in cui porre a confronto diversi modelli teorici che rischiano a oggi di mancare di momenti di sintesi come in una gigantesca Torre di Babele epistemologica.

La grammatica si scrive sul corpo attraverso la postura

     Già Lurja aveva indicato come nell’analisi fonemica interagiscano aree cerebrali addette al riconoscimento del suono (aree del Lobo Temporale) con aree in grado di collegare la rappresentazione acustica con quella visiva delle aree temporo-occipitali. E di come tali informazioni siano collegate ad aree che pongono le parti rappresentate del discorso in relazione spaziale tra loro (nell’Area Parietale di destra). Questo dato è di per sé solo un’ulteriore bandierina piazzata sul tavolo della mappatura del cervello umano se non lo si legge in un inquadramento teoricamente coerente dei rapporti tra struttura e funzione, tra corpo e processi linguistici.

     In un'ottica psicofisiologica il livello rappresentazionale evocato da una frase non dipenderebbe solo dalla capacità evocativa di trasduzione dal canale acustico ad un altro canale sensorial-rappresentazionale delle singole parole, ma anche dai rapporti tra eventi rappresentati. Le rappresentazioni interconnesse in cui il suono rappresenta l’evento (significante e significato per la tradizione linguistica) rappresenta anche le relazioni tra eventi. In questo caso si tratta di connessioni spaziali. Tali informazioni linguistiche si definiscono sulla base della dimensione grammaticale e sintattica.

     Se la rappresentazione di un verbo è un’azione concreta anche se appena accennata, come si intrecciano tra di loro le immagini rappresentazionali delle parole e gli schemi sintattico grammaticali? si chiede Ruggieri. La via per affrontare questa tematica, dice, passa attraverso un’analisi dettagliata dell’organizzazione articolata dello spazio immaginativo. Questo perché anche le immagini mentali sono eventi che il soggetto colloca in precise coordinate spaziali. Esisterebbe cioè un rapporto spaziale Io-immagine e un rapporto spaziale tra le immagini. Nel rapporto spaziale Io-immagine si riproduce ciò che si verifica tra il soggetto percipiente e l’oggetto percepito nell’esperienza reale. Ogni oggetto è cioè percepito da un certo punto di vista. Il pensiero linguistico ha per Ruggieri la stessa strutturazione psicofisica del linguaggio verbale ed è un'azione in tutto simile all'atto percettivo anche in termini spaziali, tanto è vero che, come è stato documentato sperimentalmente, per guardare un’immagine collocata altrove rispetto alla propria presenza il soggetto dovrà orientare lo sguardo. Se mentre il soggetto immagina un oggetto ad occhi chiusi, muove gli occhi assumendo altri orientamenti spaziali con lo sguardo, anche l'oggetto immaginato assume un'altra collocazione spaziale (Ruggieri, Quagliozzi, Plevi, 2011).

     Nel quadro del modello psicofisiologico integrato che anche in precedenti ricerche ha evidenziato il ruolo attivo degli occhi nei processi di immaginazione visiva, sono state analizzate le direzioni dello sguardo durante l’immaginazione visiva delle frasi “io sono in riva al mare” (forma indicativa) e “se io fossi in riva al mare” (forma congiuntiva). Ebbene nell’esperienza immaginativa della situazione indicativa i soggetti hanno osservato il mare frontalmente, mentre nella situazione ipotetica lo hanno osservato obliquamente (Ruggeri, Iafrate, 2011). Di fronte al soggetto la telecamera che inquadra il distretto fronto-oculare rileva cioè lo spostamento in millimetri della pupilla nel passaggio dall’indicativo al congiuntivo evidenziando dunque che gli schemi grammaticali (per esempio tempi e modi dei verbi) prendono forma nel concreto di rappresentazioni immaginative che si definiscono e si differenziano spazialmente. La differenza tra indicativo e congiuntivo è nella relazione che il parlante assume con l’oggetto: nel congiuntivo il soggetto non vive l’evento come concretamente presente ma prende una distanza psicologica rappresentandolo come ipotesi di coinvolgimento in cui lo sguardo diventa obliquo.

     In precedenti ricerche effettuate in baropodometria si era osservata per esempio la tendenza a spostare il peso prevalentemente sulla parte posteriore del piede a livello del tallone quando il soggetto pensava ad un evento del passato. La trama immaginativa del linguaggio verbale e del pensiero linguistico ha elementi spaziali strutturanti che sono propri della grammatica e della sintassi. In un lavoro clinico di poesia-terapia era emerso come anche preposizioni semplici siano definizioni di relazioni spaziali, vere e proprie indicazioni posturali subliminali, in grado di creare specifici vissuti emozionali (Della Giovampaola, 2012).

     Nel dialogo filosofico epistemologico sulle categorie di spazio e tempo Ruggieri (1997) definisce lo spazio come un modo di essere del tempo, definendo la logica del linguaggio come una modalità di organizzazione non solo spaziale ma spazio-temporale che si genera attraverso una processualità che si orienta secondo diversi piani organizzativi. Dal piano sensoriale, al piano in cui l’organizzazione sensoriale genera la percezione dello spazio, al piano che attraverso l’organizzazione spazio-temporale costruisce relazioni tra eventi. Si tratta di processi di astrazione propri dell’umano, coordinati dal super sistema funzionale che è l’Io.

     In una ricerca sulla fluidità del pensiero verbale (Ruggieri, Berardi, Danieli, 2011) si era misurata la tensione muscolare attorno alla zona legata all’attività sfinterica anale (da tradizione psicodinamica legata alla tematica del controllo) rilevando che fosse effettivamente in relazione all’organizzazione temporale del pensiero. Le variazioni di velocità nella produzione del pensiero linguistico mostravano un comportamento analogo a quello biologico in cui soggetti con alti livelli di tensione di base dei glutei mostravano una riduzione della velocità di pensiero verbale in seguito alla suggestione dello sperimentatore di incrementare volontariamente la tensione. Mentre soggetti con livelli di partenza di bassa tensione dei glutei, quando veniva loro chiesto di modulare tale tensione, presentavano un elevato e statisticamente significativo incremento della velocità di pensiero.

     È chiaro che questa ricerca che mostra come la fluidità del pensiero linguistico sia influenzata dai livelli di tensione dei glutei, così come le altre nell'ambito della psicofisiologia del linguaggio precedentemente esposte, oltre che aprire nuovi interrogativi e prospettive teoriche mostrano anche possibilità di riflessione sul piano operativo.

     La comunicazione umana è un filone di studio che interessa numerose discipline che possono trovare nella loro interazione proficui campi di applicazione e sviluppo. La narrazione-terapia nell'ambito dell'approccio psicofisiologico è un esempio di applicazione clinica degli studi sperimentali.

 

 

 

Bibliografia

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[*] Psicologa. Docente di Narrazione presso Master di Arti Terapie ad Orientamento Psicofisiologico di Roma

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