Numero 1/2018
L'EDUCAZIONE DEL CORPOMENTE
Cosa significa educare nella società postmoderna
di Marcello Mannella
Alpes edizioni, 2018
Dalla Prefazione di Paola Falteri , Professore di Antropologia
Università degli studi di Perugia
La lettura di questo testo è stata l’occasione di un incontro a distanza tra l’autore e un’antropologa che ha fatto ricerca su concezioni e pratiche relative al corpo, al ciclo di vita (le fasi socialmente rilevanti dell’esistenza, dalla gravidanza/nascita alla morte), e all’educazione.
Docente universitaria, sono entrata in contatto con una quantità ormai incalcolabile di studenti più o meno giovani. Mi ha sempre accompagnato un interesse attivo per la scuola, sollecitato dalla partecipazione al Movimento di Cooperazione Educativa, l’associazione che si ispira – con tratti specificamente italiani – alla pedagogia popolare di Freinet. Ho quindi lavorato anche con molti insegnanti.
Mi sono avvicinata al lavoro di Marcello Mannella per una curiosità, mai fino in fondo soddisfatta, verso l’approccio reichiano e vi ho trovato stimoli e suggestioni che mi hanno spinto ad accettare di scrivere una prefazione, compito non facile per l’esigenza di selezionare i multiformi problemi affrontati o le relative notazioni suggerite. Né è da trascurare neppure la complessità che nasce dalle differenze di linguaggio, data la diversa professionalità e il desiderio/dovere di non prevaricare il testo.
[…] Tra le questioni affrontate dall’antropologia, a partire dalla metà del ‘900, predomina su tutte un problema epistemologico che attiene alla teoria stessa della conoscenza: l’etnocentrismo, cioè l’atteggiamento – comune a tutti gli umani – secondo cui mettiamo al centro i propri modi di pensare, sentire e vivere. Né potrebbe essere altrimenti. La cultura, in quanto profondamente interiorizzata, diventa una seconda natura che ci fa dare per ovvio, scontato e naturale la nostra visione del mondo. Non possiamo prescindere da essa o metterla sistematicamente in discussione, poiché ci serve da bussola, con la sua funzione orientativa rispetto ai valori, alle conoscenze, alle azioni.
Una chiave per superare l’etnocentrismo sta – anche sul piano didattico – nel decentramento del punto di vista: assumendo un diverso posizionamento possiamo uscire dalle premesse implicite che ci orientano inconsapevolmente. Le attività per praticarlo possono essere le più varie, a cominciare dal confronto in classe tra i discenti che, a qualsiasi età, dovrebbe trovare ampio spazio, in modo che opinioni, ipotesi, riflessioni possano esplicitarsi e trovare una sintesi con il supporto dell’insegnante.
Mannella è indubbiamente assai critico verso la struttura dei nostri saperi e il nostro stesso stile di vita, che escludono o mettono ai margini la corporeità, le emozioni, le relazioni con il sé e con l’Altro, trovando nelle teorie di Reich e nei loro sviluppi un modo per uscirne e fondare le premesse di un bene-stare. È dunque un posizionamento che ricerca alternative sia ad un’immagine dell’Uomo frazionata, parziale, sia ad un sistema del consumo e del profitto che producono esiti diretti o indiretti sulla personalità e sulla costruzione dell’identità. È un invito impegnativo a decentrarsi, tenendo presenti in particolare i processi educativi.
E il corpo, che tanta parte ha nell’edificio del lavoro di Mannella? Innanzi tutto l’unitarietà corpomente che si impone fin dal titolo, dove il trattino è con chiara intenzionalità eliminato?
Non c’è dubbio […] che […] l’antropologia, legittimamente esercitando la sua pertinenza, si sia occupata soprattutto di come la cultura plasmi il corpo incidendo anche sui comportamenti che un tempo apparivano dettati esclusivamente - invece che dagli apprendimenti - dai soli istinti (i modi di camminare o di correre, di dormire, di partorire, come Mauss dimostrò con le tecniche del corpo in un convegno di psicologi degli anni ’30). Anzi, chi di recente ha ampliato le riflessioni sulla antropologia del sé, ha spinto in avanti i suoi confini parlando di incorporazione (embodiment): la cultura viene interiorizzata profondamente nel e attraverso il corpo.
Il testo di Mannella, con il suo impianto reichiano e non solo, apre nuovi terreni di integrazione tra biologico, psichico e socioculturale che pongono stimoli ed interrogativi su un terreno già fertile. Ma non voglio trascurare del tutto le parti successive e complessivamente più ampie, inerenti l’educazione. Un substrato implicito ci accomuna: se gli apprendimenti, attraverso le esperienze, cominciano dalla nascita (o, di nuovo come dice Mannella, dalla vita fetale), il bambino – con la partecipazione a una certa forma di vita – va costruendo modi di percepire, di entrare in relazione con gli altri, di organizzare vissuti.
È dall’apprendimento del contesto (Bateson, 1984) che si impara a stare al mondo e a renderlo familiare ed operabile […].
Il mondo cambia e in questo scorcio di storia i ritmi sono stati rapidissimi: l’educare è reso difficile perché si iscrive in un mutamento integrale, sia dal punto di vista dei soggetti che ci crescono sotto gli occhi, sia dal punto di vista dei contesti in cui viviamo.
Come afferma Mannella, la famiglia non è più la stessa, anche se alcuni pensano che il suo modello sia naturale e quindi indipendente dalla storia. I cambiamenti strutturali sono stati accompagnati da modifiche epocali: da vari decenni, ad esempio, la sessualità è diventata indipendente dalla riproduzione e di recente con le tecnologie mediche la procreazione lo può essere dal rapporto sessuale. Gravidanza e parto/nascita sono state progressivamente medicalizzate, anche se in alcuni casi entro le stesse strutture sanitarie si applicano e sperimentano pratiche diverse che le donne richiedono.
Mannella si concentra prima sulla genitorialità, poi sulla scuola e sulle loro tendenze nell’educazione. Non c’è dubbio, come accade del resto in ogni epoca di transizione, che emergono disorientamenti e forti contraddizioni.
Attenzione particolare Mannella pone alle nuove tecnologie telematiche, che costituiscono una differenza generazionale a tutti evidente, anche indipendentemente dalla collocazione sociale. Mannella avanza seri dubbi che questi strumenti siano da introdurre precocemente […].
Siamo arrivati alla soglia della progettazione educativa che non è nostro compito varcare. Nel testo di Mannella ci sono del resto approfondimenti utili in varie direzioni, come le parti che motivano la valorizzazione della scrittura manuale o gli esempi del lavoro di gruppo diretto a maturare negli insegnanti le capacità relazionali.