Numero 2/2024

IL DOLORE DI LUCA A TAVOLA

LUCA'S PAIN AT THE TABLE

 

Luana Lelii[*]

 

Abstract 

        Questo scritto racconta la storia di Luca e del suo sintomo che non gli permette di vivere serenamente i momenti conviviali della sua vita e della sua amata sposa. La condivisione a tavola fuori casa per lui è insostenibile, sta male, ha dolori gastrici di notevole entità ma per senso del dovere verso chi lo ha invitato si forza a partecipare e soffrire in silenzio. Il lavoro con lui è orientato secondo l’approccio analitico reichiano contemporaneo (modello S.I.A.R.), facendo una lettura del sintomo dal punto di vista analitico e sui livelli corporei. Attraverso le attivazioni corporee (acting), infine, siamo riusciti a ristabilire l’equilibrio psico-fisico di Luca, ad eliminare il dolore e recuperare serenità.

 

Parole Chiave

       Somatizzazione - approccio analitico reichiano contemporaneo - modello S.I.A.R. – livelli corporei – attivazioni corporee.

 

Abstract

       This writing tells the story of Luca and his symptom that does not allow him to peacefully live the convivial moments of his life and that of his beloved wife. Sharing at the table outside the home is unsustainable for him, he is ill, he has significant gastric pain but out of a sense of duty towards those who invited him he forces himself to participate and suffer in silence. The work with him is oriented according to the contemporary Reichian analytical approach (S.I.A.R. model), making a reading of the symptom from the analytical point of view and on bodily levels. Finally, through bodily activations (acting), we managed to re-establish Luca's psycho-physical balance, eliminate pain and recover serenity.

 

Keywords

       Somatization - contemporary Reichian analytical approach - S.I.A.R. model – body levels – body activations.

 

 

     Luca è un giovane uomo di 38 anni, ha deciso di chiedere aiuto dopo circa vent'anni di malessere. Il suo sintomo è un dolore intenso allo stomaco con crampi, diarrea e/o vomito. La particolarità di esso è che si sviluppa quando deve necessariamente mangiare fuori casa, sia in situazioni conviviali di festa che semplicemente a cena al ristorante con persone care. Le cene all'aperto lo rendono meno nervoso. Solitamente inizia a sentirsi male (ansia anticipatoria) parecchi giorni prima dell'evento, nonostante il dolore va comunque a questi banchetti o a queste semplici cene, ove poi tranquillizzarsi dopo qualche ora. Il suo disagio consiste nell'idea che gli altri commensali possano giudicare in maniera negativa il suo mangiar poco.

     Ha svelato questo suo problema a pochissime persone fidate perché se ne vergogna ed è rimasto molto sorpreso nell’appurare che molte persone hanno disagi ansiogeni di varia natura proprio come lui. Ha sempre ricondotto il suo disagio ad un problema di ansia ereditaria, non si è mai preoccupato a livello organico perché sua madre ha sofferto della stessa condizione da giovane fino a quando non è rimasta incinta di lui.

     Il suo sintomo è iniziato a 17 anni quando si è fidanzato con Eva, la sua attuale moglie. Da allora il sintomo lo ha accompagnato per tutti questi anni causandogli sofferenza ed estremo disagio, nonostante ciò, non si è mai risparmiato, è andato a tutti i pranzi e cene a cui è stato invitato. Quest'anno, motivato dall'intenzione di avere un figlio (tentano da otto mesi circa) decide di intraprendere un percorso psicoterapeutico per risolvere finalmente il suo problema.

     Eva è stata ed è la sua unica storia importante, si sono conosciuti da ragazzi (lei ha un anno in meno); dopo 4 mesi, quando Luca ha sviluppato il sintomo, non capendo e non riuscendo a gestire la situazione decisero di lasciarsi. Dopo un anno e mezzo si incontrarono di nuovo e si rimisero insieme, questa volta definitivamente. Trentenni decisero di andare a convivere per qualche anno e poi si sono sposati.

 

La sua storia

     Luca è figlio primogenito nato dopo tre anni di matrimonio. I genitori lo avrebbero voluto prima ma la madre non riusciva a rimanere incinta perché, dice, troppo magra (aveva il suo stesso problema). Nasce in un ambiente un po’ affollato, in una stessa palazzina vivevano loro, i genitori, una zia ed un fratello paterno con famiglia. In quell'ambiente c'era l'usanza di fare i pasti tutti insieme. La madre ha una famiglia a stampo patriarcale con una forte oppressione paterna, molto numerosa composta da otto sorelle ed un fratello. Ha pochissimi e confusi ricordi rispetto alla sua infanzia, lo aiuterà la moglie a raccontarmi la sua storia; riguardo la nascita, fa confusione tra la sua e quella del fratello.

     Luca è nato di 8 mesi con parto naturale, era sottopeso ed è stato allattato circa 15 giorni. Non sa grandi cose e non se la sente di chiedere alla madre perché della terapia non aveva detto a nessuno eccetto la moglie che aveva iniziato un percorso psicoterapeutico; le domande sarebbero state vissute come strane. È una famiglia molto unita ma c’è poca reale comunicazione. Il fratello è nato dopo 3 anni, nato a 7 mesi, non ha ricordi in merito, né emozioni particolari, dice solo che era un “teppistello”. Ricorda un evento che ha vissuto come un sopruso, sempre a quell’epoca: abitando in campagna c’era un piccolo capanno dove lui giocava con i suoi giochi e un giorno è stato smantellato dagli adulti di casa senza dirglielo per costruirne uno nuovo dove però i suoi giochi non erano contemplati.

     Descrive i suoi genitori come presenti ma severi, seriosi, lavoratori, risparmiatori, lo sfizio o il di più non era contemplato. Ricorda all’età di 5 o 6 anni di aver pianto per un mese per farsi regalare una macchinina che poi ha smontato e rimontato (oggi è ingegnere). Rispetto al padre (prova ancora rabbia) dice che era tanto severo quanto accudente, tanto da farlo sentire incapace. Definisce il padre come molto premuroso (attenzioni che a 38 anni soffocano), insistente e logorroico; della madre dice: a volte è ignorante, è una “vespa” nel senso che fa tante cose, a volte capisce fischio per fiasco. Del fratello dice che è apatico, menefreghista e poco attento nei suoi confronti (c’è un rapporto  freddo tra di loro). Di sé dice che è premuroso, empatico e disponibile. Della moglie che è solare, molto in gamba e divertente.

     Luca è stato un bambino molto diligente, educato, responsabile, tende anche oggi a considerare l’emozione della rabbia, per esempio, come dannosa, inadeguata. Ha manifestato questa emozione due volte nella sua vita, una volta da adolescente: sistemava in garage il suo motorino ed il padre lo esortava a risalire in casa, sfinito dalle lamentele paterne si è arrabbiato e ha sbattuto un bicchiere di plastica d’acqua sul tavolo ed un’altra volta (che gli è costata un’ernia alla spina dorsale), sempre in riferimento al padre che gli chiedeva insistentemente di fare in quel momento un lavoro fisico mentre lui era impegnato a fare altro, per i nervi ha caricato a mani nude sulla schiena un palo di cemento e da allora sta ancora male (sono passati più di dieci anni). Ha un’ernia lombare quasi completamente uscita (L5 S3). Nel suo pensiero manifestare contrarietà è dannoso.Gli è rimasta impressa una frase della madre sul suo conto molto dura: “Sei buono e caro e certe volte non sei buono a niente!”.

     Quando parla della madre ho la sensazione che non sia molto affidabile ma se lo chiedo apertamente va in protezione e nega che sia così. Rispetto a lei mi racconta che si sia sempre vantata con amici e parenti che i figli mangiavano tutto! Questo tema è molto presente e significativo in questa famiglia. Lui racconta di quanto fosse disgustato da cibi come la trippa o il baccalà ma costretto a mangiarli perché “si deve mangiare tutto”.

     Rispetto alla moglie dice che “non gli ha fatto mollare la vita”, perché se dipendesse da lui starebbe sempre a casa perché gli basta poco per stare bene. Alle medie, ci fu un incontro con i genitori, andò il padre e quando fu il momento di parlare con l'insegnante di italiano che era molto rigido, Luca per la grande ansia svenne. È sempre stato uno studente modello, disciplinato e studioso, la sua ansia era immotivata a livello scolastico. Ha frequentato l'Istituto Tecnico Industriale, si è laureato in Ingegneria Elettronica, ha rilevato con un socio l’officina dove lavorava che stava chiudendo. Lui cura la parte elettronica delle auto. È geniale, per hobby realizza oggetti tecnologici e meccanici bellissimi, è instancabile, molto attivo, si rilassa costruendo cose. Lavorativamente è appagato. Ha sposato la donna che ama, sono felici. Dice che non gli manca niente, l’unico problema è il sintomo gastrico.

 


img Lelii Leonardo da Vinci ULTIMA CENAUltima cena - L. Da Vinci

   

 

Considerazioni cliniche

 I segni incisi di Luca risalgono all’intrauterino, nel grembo materno, un ambiente ansiogeno, lo culla un utero “che freme”, la madre non porta a temine entrambe le gravidanze, nel suo caso arrivano le contrazioni a otto mesi, il fratello nasce settimino.

     Wilhelm Reich affermava che “l’organismo della madre è il primo fattore sociale dell’embrione non ancora nato”. (Reich, 1976). Questo ci fa ipotizzare per Luca l'avvio di un tratto fobico e masochismo primario.

     Il masochismo primario di primo tipo, si sviluppa in un embrione-feto che esperisce una paura, un allarme da minacce abortive o da altri stressors. Questo piccolo Sé, quando è a buona densità, come nel caso di Luca, per una chiara legge di istinto di vita, svilupperà il fenomeno del masochismo-narcisismo primario, legato all’unica direzione percorribile di sopravvivenza. Il piccolo embrione-feto, allarmato, passerà energia alla madre-utero, la proteggerà, la supporterà, semplicemente perché la sopravvivenza dell’Altro da Sé, in quello stadio, è la sua; lotterà masochisticamente, narcisisticamente e funzionalmente per continuare la propria vita! Questa reazione basica si riattualizzerà nel qui ed ora dell’adulto allarmato, in tutte le situazioni in cui l’Altro da Sé riceverà la proiezione materno uterina (Ferri, Cimini, 2012).

     In Luca è presente anche un tratto di masochismo primario di secondo tipo che si verifica in una relazione madre-piccolo, con piccolo a buona densità ma che ha vissuto un allarme intrauterino e madre con valenza melancolicofobica, una madre che si dona ma che di fatto trattiene e chiede, spesso con modalità seduttive e di bontà che mascherano il proprio bisogno: i risultati sono ovviamente coartanti e frustranti l’adgredior espansivo, affermativo, esplorativo del piccolo. La madre di fatto ostacola una separazione sana e il piccolo farà proprio il bisogno della madre, sovraccaricandosi con una pseudodonatività amplificata nei confronti della madre che appare down; fattori che gli impediscono un’aggressività diretta verso di lei. In definitiva, una pseudodonatività che cela una richiesta di liberazione, di separazione funzionale e di crescita sana (Ferri, Cimini, 2012).

     Un parto naturale rispetta i tempi psico-biologici. Un parto anticipato probabilmente manifesta una insostenibilità materna a tenere il piccolo. Possiamo immaginare un utero che traballa, instabile, che espelle. L'esperienza del parto, proprio perché è un momento significativo di passaggio, può andare a colorare, influenzare, e determinare i successivi momenti di passaggio della futura vita (per esempio cambiamenti di casa, fine della scuola, trasferimenti, separazioni). L’imprinting che si riceve in questo primo passaggio può fare da stampo per tutti i futuri passaggi nella vita (De Bonis, Pompei, 2015). I suoi passaggi di vita, infatti, sono stati veloci, sicuramente ponderati ma impetuosi. Luca ha una resilienza altissima, componente che ci fa escludere patologie gravi come psicosi o tratti borderline e ci rinforza la diagnosi di tratto fobico.

     Un altro segno inciso di Luca è la difficoltà di sentire quale sia la giusta distanza tra Sé e l’altro, tende ad essere sopraffatto dall’altro, fa estrema fatica ad affermarsi. Non riesce a dire di no, è disposto a stare male fisicamente pur di non deludere l’aspettativa degli altri, non solo delle persone significative per lui. È ingabbiato nell’idea dell’essere buono, bravo e ubbidiente.

     È coinvolto il suo quarto livello (torace e braccia), appartenente alla fase muscolare; in questa fase è predominante la ricerca dell’altro, si esce dal campo materno alla ricerca degli altri componenti della famiglia, in modo più autonomo, esplorativo. Il controllo e l’esercizio della muscolatura volontaria è il compito evolutivo di questa fase. La qualità della modulazione dell’ambiente, costituita dall’intera famiglia, contribuisce a sostenere uno sviluppo ottimale oppure determina un eccesso di organizzazione o, come in questo caso, una dispersione (De Bonis, Pompei, 2015).

     Luca fa fatica ad esprimere emozioni, la difettosa elaborazione cognitiva delle emozioni, infatti, è vista come uno dei possibili fattori che possono causare una disregolazione di altri sistemi biologici e creare così le condizioni per lo sviluppo di un disturbo o di una malattia fisica (una malattia è definita come un’alterazione della struttura degli organi o dei tessuti, mentre un disturbo come un cambiamento delle funzioni del corpo) (Caretti, La Barbera, 2005).

 

Il progetto ed il lavoro terapeutico in itinere

     La mia ipotesi rispetto alla sua somatizzazione riguarda il netto contrasto che vive tra il modus vivendi della famiglia di origine e quello della fidanzata, oggi moglie rispetto allo svago, alla convivialità, al divertimento. La famiglia di origine non usciva mai a cena fuori, non vivevano momenti di svago al di fuori dei banchetti familiari per le festività e cerimonie, alle quali non si poteva mancare per non offendere nessuno. È una famiglia dedita al sacrificio, al risparmio. Eva invece è una gran compagnona, ama le serate fuori, direbbe sempre di sì, ama godersi le gioie della vita, spende quello che ha.

     Il problema di Luca si ripercuote sulla gioia dell’uscita, dell’evento, perché lui sta male prima e fino ad un certo punto della serata, finché inizia a rilassarsi e spesso si diverte anche! È molto condizionato dall’idea che gli altri si possano fare di lui, sente di dover essere sempre brillante, simpatico, in più l’idea di essere osservato rispetto al fatto che mangi o meno e la brutta figura che questo comporta (secondo lui) aumenta la sua ansia da prestazione. Ha una madre carente che va sostenuta ed un padre castrante che non lo fa crescere, si deve sentire sempre utile a discapito del suo ego di figlio che a sua volta vuole dimostrare che è grande e che ce la fa!

     L’ipotesi che sostengo analiticamente è che la sua somatizzazione coinvolga gli apparati e gli organi appartenenti al livello corporeo che porta i suoi segni incisi a seconda della fase evolutiva in cui essi sono stati generati. Il dolore di Luca è sul sesto livello (addome) con compromissione del quarto livello (torace e braccia). La componente più importante per il buon esito della terapia è la relazione terapeutica fondata sull’alleanza tra paziente e terapeuta (Paradisi, 2014).

     Lo strumento di cui mi avvalgo è la Vegetoterapia carattero-analitica (VGT), essa è una tecnica terapeutica elaborata da Wilhelm Reich, arricchita da Federico Navarro sotto la supervisione di Ola Raknes, perfezionata da Genovino Ferri e dalla sua Scuola (S.I.A.R.). Essa agisce sul Sistema Nervoso Vegetativo, sul Sistema Neuro Endocrino e sul Sistema Muscolare, tendendo al ripristino dell’eutono e del riequilibrio energetico dei livelli corporei, cioè dall’armonizzazione delle componenti istintive, emozionali e affettive del paziente.

     La diagnosi di una distonia del SNV è anche diagnosi clinica di un disturbo psicosomatico. Il disequilibrio tra sistema simpatico e parasimapatico, oltre ad essere causa di buona parte dei sintomi accusati dal paziente, è anche responsabile di tensioni croniche neuromuscolari sui vari livelli corporei. Tali tensioni sono connaturate nel paziente, ossia si sono formate durante le fasi di crescita evolutiva e maturativa (freccia del tempo neghentropica). Tali tensioni, essendo di natura cronica e non sempre percepite dal soggetto, rappresentano una corazza muscolare-caratteriale difensiva nei confronti di eventi percepiti come negativi. È da osservare che il meccanismo alla base della formazione della tensione muscolare cronica deriva in primis dall’attivazione del sistema simpatico.

     Il Sistema Simpatico Adrenergico, si attiva per la reazione ad un evento stressante o frustrante. Esso presiede il meccanismo difensivo della fuga. Tuttavia, se l’espressione motoria viene in qualche modo inibita, assisteremo alla sua trasformazione in una tensione muscolare cronica di tipo somatica o viscerale, nel livello corporeo dominante quella fase evolutiva. La storia dell’evento traumatico, avvenuto in una ben precisa fase temporale della crescita evolutiva del paziente, sarà così inscritta sul e nel corpo e, come tale, sarà leggibile dall’analisi corporea. La memoria emotiva è fissata nel corpo che, dunque, rappresenta la sede dell’inconscio individuale (Paradisi, 2014).

     La VGT si avvale di una serie di attivazioni corporee (acting) proposte sui livelli corporei reichiani, riproponendo i movimenti dello sviluppo ontogenetico delle fasi maturative del Sé e quindi del suo sviluppo psicoaffettivo ed emozionale.

     I livelli corporei reichiani:

  1. Occhi, orecchie e naso
  2. Bocca
  3. Collo
  4. Torace e braccia
  5. Diaframma
  6. Addome
  7. Bacino e gambe

     Ho iniziato il lavoro corporeo con Luca con la respirazione, dopo pochi minuti inizia a ridere, è una sua caratteristica, scioglie la tensione sbloccando e rilassando il diaframma. Ho utilizzato diverse attivazioni corporee, prima di focalizzarmi su quella sovraordinata per lui, dapprima la Convergenza degli occhi su un punto fisso luminoso: è un’attivazione di primo livello (occhi) di fase oro-labiale. È un acting indicato per l’approccio mirato al trattamento della giusta distanza relazionale tra il Sé e l’Altro da Sé ma anche degli smarrimenti con perdita dei confini del campo di coscienza dell’Io. Questo acting permette alla persona il rinnovato ingresso nel proprio campo di coscienza, nella propria soggettività, perché è attivante la corteccia prefrontale, mentre regola la distanza appropriata dall’oggetto, in rapporto alla propria sostenibilità relazionale. La persona può così esplorare il suo stile nelle relazioni diadiche, l’acting infatti raccoglie le possibili proiezioni emergenti dal profondo della sua storia. Questo acting è chiamato di convergenza perché, da un punto di vista psicodinamico, le due posizioni osservative, di destra e sinistra, si ricompongono nel focus dell’intero ed è proprio qui che fa ingresso psicodinamicamente lo spazio-tempo della soggettività. Tecnicamente è importante cercare il punto dove l’altro può convergere senza sforzo, partendo, con una penna-luce in mano all'analista, da una distanza di 20 centimetri, per poi scendere fino alla glabella, per poi precisare, quando e se si verifica, lo sdoppiamento visivo; dove l’altro converge è il punto di partenza dell’acting per questa indagine. Se ad esempio la persona non diverge gli occhi o lo fa molto in prossimità della glabella, ci informa che sostiene lo stress da contatto, benché troppo prossimo; se gli occhi invece divergono subito verso l’infinito, ci indicano che bisogna conservare una distanza tale da poter permettere la sua presenza soggettiva. Scopriamo così anche qual è l’occhio dominante che permette la visione maggiore e migliore, con tutto il corredo psicoemozionale, ovvero quanto esso inibisce l’altro occhio, quanto entrambi possono affacciarsi insieme nell’intero di una visione unitaria (Ferri, 2020).

     Anche durante questo acting ride molto, a volte associa un pensiero a volte no. Siamo poi passati all’attivazione corporea del Movimento ad arco laterale degli occhi con penna luce luminosa. Questo acting prevede un movimento degli occhi da un’estremità all’altra sul piano dell’orizzonte, seguendo la penna luce che l’analista tiene all’altezza della glabella e poi muove ritmicamente fino alle estremità di destra e di sinistra, disegnando un arco. Analiticamente il tempo è quello del passaggio dalla fase oro-labiale a quella muscolare, del passaggio dal I al II campo, la relazione non è più esclusivamente a due ma diventa a tre, estendendosi a entrambi i genitori e all’intera famiglia.

     La muscolatura striata volontaria inizia a svilupparsi con una potenza superiore a quella della muscolatura liscia. Con la convergenza di muscolarità striata, apertura verso un campo più ampio e svezzamento si raggiungono nuovi orizzonti. In questo acting l’occhio, accompagnato dall’analista con la sua penna luce, deve stabilmente convergere ed accomodare sulla luce lungo tutto l’arco, da un estremo all’altro. È questo un acting relazionale intercorporeo e intersoggettivo che può convogliare molte proiezioni di situazioni e persone significative della persona in analisi, esprimendo così la sua domanda implicita e producendo nella relazione terapeutica la risposta più appropriata da parte dell’analista (Ferri, 2020).

     La risata non è mai mancata. Non produce molto materiale analitico rispetto alle attivazioni corporee (tranne una costante “cosa mangiamo questa sera?”) ma inizia a fare cose nella vita privata di grande slancio. Per esempio, in questo periodo decide di comprare una moto nel giro di una settimana. La cosa lo rende molto felice ed appagato, nei suoi giri in moto si sente libero e non ha malesseri. Dice ai genitori che ha iniziato un percorso psicoterapeutico, inizia a mettere qualche paletto/confine con il padre.

     Ci fermiamo tre settimane per le vacanze estive, quando torna mi dice che stanno per comprare una casa (erano in affitto) e che la moglie è incinta! Introduco l’acting Naso cielo - di primo livello (occhi) di fase oro-labiale, che ha la funzione di far convergere la persona verso se stessa e la propria piramide nasale, sviluppa la capacità di ri-prendersi e tornare relazionalmente su di Sé, con la luce sempre ferma (a 30-40 cm) a rappresentare “l’oggetto parziale stabile e presente” (Ferri 2020), ad esso aggiungiamo il Movimento di suzione – distanziante, di secondo livello, primo campo, sempre fase oro-labiale. Si tratta di un acting di relazione, può avere valenza neghentropica ma anche andare a toccare vissuti depressivi in caso di “mancanze e privazioni” presenti nella propria storia di allattamento, può far emergere ricordi del rapporto con la propria madre, dando la possibilità di rielaborarne i vissuti. Produce le solite risate, “cosa mangiamo questa sera?”, ma arriva una riacutizzazione del sintomo. Dopo alcuni mesi abbastanza buoni, una serata con amici gli ha procurato ansia come “ai vecchi tempi”, non voleva andare a quella cena ma non ha avuto il coraggio di dire di no.

     A questo acting tolgo la variante movimento di suzione, penso sia troppo, non lo sostiene, la labilità materna lo rende insicuro, fa un passo indietro. Continuiamo quindi con il Naso cielo, la sua vita procede bene, si districa tra lavoro, famiglia, visite per la moglie, casa, burocrazia…

     All’acting Naso cielo aggiungo quindi la variante IO. Questo è il suo acting sovraordinato. La prima volta che lo ha fatto è uscito dalla terapia molto grintoso ed energico, nella seduta successiva mi ha raccontato che ha fatto un altolà al padre, dicendogli che ha bisogno ed apprezza il suo aiuto ma alle sue condizioni e con i suoi tempi, testualmente: “Io sono il capitano della Mia nave, se vuoi salire, bene, ne sono felice, ma lo fai alle mie condizioni!”. WOW!

     Il padre ha recepito il messaggio ed ha iniziato a rispettare il ruolo e l’età del figlio. Si sono avvicinati, il loro rapporto è di qualità.Rispetto agli eventi mondani, oggettivamente pochi per il periodo dell’anno, non si sente obbligato a dover presenziare sempre, quando va, lo fa abbastanza serenamente o almeno senza avere l’ansia anticipatoria e riesce a godersi l’evento. Luca non ha ancora terminato il suo lavoro terapeutico ma sento che siamo a buon punto, ci stiamo orientando verso la possibilità del NO.

     Il lavoro con Luca è piacevole, si è affidato subito, si è creata la relazione immediatamente. È molto determinato a stare bene. Se in un primo momento la sensazione era che lo facesse per la moglie di cui è immensamente innamorato, per paura che lei si stancasse del suo malessere, oggi sento che vuole stare bene in primis per se stesso, e poi per chi gli è accanto. Sta lavorando sull’impossibilità del perfezionismo immaginato, sull’accettazione che è quello che è: una brava persona, un bravo professionista ma non l’unico o per forza il migliore. Ha messo limiti e confini in tutte le sfere della sua vita, privata e lavorativa, ha capito che un No assertivo non è un rifiuto all’altro ma una tutela a se stesso, che non bisogna violentarsi accettando sempre tutto e tutti.

 

 

Bibliografia

Caretti, V., La Barbera, D., (2005), (a cura di) Alessitimia. Valutazione e Trattamento. Roma: Casa Editrice Astrolabio.

De Bonis, M.C. & Pompei, M. (2015), (a cura di) Come sarà il tuo bambino? Dal concepimento inizia a formarsi il carattere. Roma: Alpes.

Ferri, G., Cimini, G. (2012), Psicopatologia e Carattere. LAnalisi Reichiana. Roma: Alpes.

Ferri, G., (2020), Il tempo nel corpo. Attivazioni corporee in Psicoterapia. Roma: Alpes.

Nigosanti, G.A. (2017), Analisi Corporea in gruppo. Lapproccio reichiano. Roma: Alpes.

Paradisi, P. (2014), Elementi di Psicosomatica. Dai modelli interpretativi alla clinica. Roma: Alpes.

Reich, W. (1986), La biopatia del cancro. Varese: Sugarco Edizioni.

[*]Psicologa, psicoterapeuta, analista reichiana. Indirizzo professionale: via Roma, 12. Sant’Egidio alla V.ta (Te) Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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