Numero 2/2024

LA FATICA DI ELISA

ELISA'S EFFORT

 

Flavia Zucchelli[*]

 

 

Abstract 

     Nell’articolo viene raccontato il caso di Elisa, giovane donna bloccata in un’oralità difettuale con schemi pre-soggettivi di allarme. La gravidanza del suo bambino ed il parto estremamente prematuro le fanno da ponte per la sua storia drammatica e piena di fatica. Nella sua vita è presente un costante richiamo alla fragilità. Attraverso l’analisi del carattere riesce a fare un rispecchiamento costante tra la fragilità di oggi e quella di ieri. Questo le permette di vedersi. Salire attraverso gli occhi, individuarsi, in una soggettività per entrare in relazione con il mondo senza confusione e con una maggiore sostenibilità. Essere spostata costantemente sull’altro per esistere, la espone alla possibilità di schemi imitativi. Potrebbe, attraverso una relazione più toracica e serotoninergica, apprendere nuovi schemi di relazione con il mondo. Nella relazione terapeutica, nella quale si scambia serotonina affettiva, ritrova un torace che la aiuta ad imparare a nutrirsi e a salire più in alto rispetto al debito e alla fatica della sua oralità.

 

Parole chiave

        Serotonina toracica - analisi del carattere – pre-soggettività – allarme - furto del tempo - nutrimento.

 

Abstract

     This article describes the clinical case of Elisa, a young woman stuck in a defective oral stage with pre-subjective alarm patterns. Her pregnancy and the extremely premature birth of her child serve as a bridge to her dramatic and challenging life story. Her life is marked by a constant reference to fragility. Through character analysis, she establishes a consistent reflection between the fragility of today and that of the past. This enables her to see herself, to rise through her own eyes, and to develop individuality, allowing her to relate to the world without confusion and with greater sustainability. Constantly focused on others in order to exist, she is exposed to the possibility of imitative patterns. In her therapeutic relationship, where affective serotonin is exchanged, she finds a “thorax” that helps her learn to nourish herself and rise above the burden and challenges of her oral stage.

 

Keyowords

     Thoracic serotonine - Analysis Character – pre-subjectivity – alarm - theft of time – nourishment.

 

 

Elisa è una ragazza di 28 anni che arriva da me in studio dopo aver trovato il mio bigliettino da visita nell’erboristeria di quartiere.

Va spesso in erboristeria per comprare integratori che la aiutano con il mal di stomaco di cui soffre da diverso tempo.

È una ragazza originaria di un paese del Lazio, che si è trasferita a Roma per frequentare l’accademia di arte; ora convive con il compagno (43 anni) ed il figlio di appena un anno.

Entrando in studio la prima volta mi dà l’impressione di potersi frantumare se solo sfiorata. Mi fa i complimenti per la stanza mostrando immediatamente una competenza ed un occhio per gli arredi e l’aspetto estetico ed artistico degli ambienti.

L’arte è un aspetto molto importante nella sua vita. Un gancio energetico che piano piano riprenderà a coltivare.

Inizia subito a raccontarmi il motivo per cui mi ha contattata e perché si è lasciata ispirare dall’approccio corporeo che avevo avuto modo di accennarle qualche giorno prima al telefono.

Il motivo per cui desidera iniziare un percorso di psicoterapia è legato alla nascita di suo figlio. Sente che le difficoltà di fronte alle quali il nuovo arrivato l’ha messa e la mette tutt’ora hanno radici più lontane, nel passato, e vorrebbe indagarle ed esplorarle.

Già dalle prime cose che mi racconta emerge un continuo specchiarsi di vissuti ed eventi del passato e del presente.

 

La storia recente

Elisa mi racconta di aver partorito al 6° mese di gravidanza, a causa della prematura rottura delle acque. Dopo aver passato tre settimane allettata immobile in ospedale nel tentativo di ritardare il più possibile il parto; alla fine il bambino è nato con parto cesareo.

Mi racconta che, a causa dell’allettamento forzato, dopo il parto, non aveva le energie e la muscolatura per camminare da sola e ha quindi passato tre settimane sulla sedia a rotelle facendo riabilitazione e fisioterapia. In queste tre settimane era il compagno ad accompagnarla una volta al giorno a trovare Andrea in ospedale.

Elisa racconta il parto di Andrea piangendo, è in balia del dolore per quella situazione e per il vissuto difficile di quel periodo.

Andrea rimane 3 mesi in ospedale in incubatrice, periodo in cui la mamma poteva andarlo a trovare 2 volte al giorno. Elisa può prenderlo in braccio solo se il bambino presenta alcune condizioni fisiche stabilite dai medici. L’allattamento avviene tramite sondino gastrico.

In questo periodo è rimasta sola ad affrontare la situazione, in quanto il compagno era molto impegnato al lavoro, i familiari erano lontani e gli amici si erano, a suo dire, allontanati quando avevano saputo della situazione molto difficile in cui si trovava.

Racconta questi vissuti con una forte emozione che la travolge ogni volta che si parla di Andrea e del parto.

Quando le chiedo di parlarmi di sé, mi racconta di essere una pittrice e che per questo ha lavorato nella costruzione di scenografie per film.

Mi dice di aver studiato all’accademia di arte a Roma, ma di non aver finito il percorso. Ha lasciato l’accademia a metà del secondo anno: era stanca di fare la pendolare, ha deciso di trasferirsi a Roma, ha dovuto cercare un lavoro per mantenersi e, a quel punto, proseguire gli studi diventava troppo complesso.

Riconosce in maniera autonoma ed immediata che questa modalità di “lasciar perdere nel momento in cui qualcosa diventa difficile” appartiene alla propria famiglia.

Si vergogna molto di questa decisione e di questa modalità.

Mi dice inoltre che quel lavoro lo stava rubando a qualcuno che invece lo avrebbe meritato perché formato e diplomato.

 

Cenni anamnestici

Elisa è la terza di tre figli, nasce a sei anni di distanza dal primo fratello ed a tre dal secondo.

I genitori rimangono molto sorpresi della gravidanza che non si aspettavano. Sono sicuramente preoccupati, ma comunque poi molto contenti che fosse una femmina e la accolgono con amore.

La mamma le racconta che era preoccupata nell’affrontare una terza gravidanza a causa di minacce di aborto presentatesi al 3° mese che l’hanno costretta a riposo per quattro mesi circa.

Comunque, la gravidanza è arrivata a termine senza problemi ed Elisa è nata una decina di giorni dopo la data presunta pesando 3,2 Kg.

Il parto è stato naturale e sereno. È stata allattata per nove mesi circa, non conosce i dettagli, ma sente, per come conosce la madre, che sia stato un allattamento veloce, poco attento e poco nutriente.

Mi riporta che durante il racconto della mamma ha iniziato a sentire un magone nel petto. Le ha fatto pensare molto alla gravidanza che lei ha vissuto con suo figlio.

Racconta che era una bambina molto tranquilla, che non disturbava mai. Amava giocare con i fratelli che ha sempre percepito vicini, ma che giocava molto anche da sola. Quando giocava da sola si nascondeva perché si vergognava di farsi vedere.

Oggi non ama essere guardata mentre dipinge o se l’opera non è finita. Ha paura che possa non piacere.

Collega questi due aspetti della sua vita perché percepisce lo stesso senso di vergogna e la stessa intimità nell’atto di giocare da sola e nel dipingere.

Intorno ai suoi 9-10 anni fallisce il negozio del papà. Lei si sente in dovere di non pesare sulla famiglia. Non compra caramelle, non fa “richieste da bambina”, non chiede mai niente.

L’ingresso a scuola lo racconta come molto tranquillo e sereno, si trovava bene, nonostante avesse la tendenza a fare amicizia con bambine che la controllavano e che richiedevano una relazione di amicizia esclusiva.

Nonostante questo, a scuola andava sempre molto volentieri e non ha mai avuto problemi.

A 11 anni le viene diagnosticata la tiroidite di Hashimoto e contemporaneamente inizia ad avere una serie di problematiche fisiche come, ad esempio, le tonsille sempre ingrossate ma comunque mai operate.

Racconta di avere il terrore degli aghi e di tutto ciò che può essere iniettato nel suo corpo. Questa fobia è aumentata dopo il periodo di uso di sostanze con il fidanzato del liceo.

Durante l’ultimo anno di liceo Elisa aveva frequentato un ragazzo ed il relativo gruppo di amici. L’abitudine del gruppo era quella di fare uso di stupefacenti (cocaina, cannabis, MD) e farsi dei tatuaggi che avessero lo stesso stile. Questo era per loro la modalità di sentirsi parte di quel gruppo, un segno di riconoscimento. Elisa si sentiva accolta e parte importante di una famiglia nella quale si sentiva riconosciuta e apprezzata.

Una sera durante l’estate della maturità, in seguito all’utilizzo di cocaina ed MD Elisa si sente male e ha quello che definisce come un attacco di panico. Questo evento spaventa Elisa terribilmente. Poco tempo dopo, infatti, complice anche l’inizio degli studi a Roma, lascia il fidanzato e non farà mai più utilizzo di droghe. Elisa collega a questo episodio la sua paura degli aghi, di stare male senza controllo ed in generale la sua paura di assumere farmaci.

Accusa in generale sempre debolezza, stanchezza, abbassamento di umore, soprattutto a ridosso del ciclo mestruale.

Racconta che i suoi genitori sono stati sempre molto attenti e apprensivi nei confronti dei suoi problemi fisici.

 

Sintomatologia oggi

Mi racconta di una serie di sintomatologie fisiche che la disturbano e per le quali è molto preoccupata. Sente che non hanno un’origine esclusivamente organica, ma che ci possa essere anche una matrice psicologica: forte ansia con tachicardia con il terrore di sentirsi male; problemi gastrointestinali per i quali ogni volta che mangia ha mal di stomaco. Il suo corpo sembrerebbe non assorbire ciò che mangia. Elisa è molto magra, pesa 41 kg ed è alta 1,70 m.

Nella sua famiglia è sempre passato un messaggio di inadeguatezza, di “non essere in grado”. Emerge prepotente il tema di “lasciarsi accudire in quanto figlia” ed un’assenza di riconoscimento.

Elisa collega la sua percezione di corpo inaffidabile, esile, poco capace di andare nel mondo, alla modalità di accudimento da parte della mamma.

Lo vede anche molto nella gestione del proprio bambino. Non si sente in grado e viene costantemente aiutata dai genitori.

Accolgo e raccolgo la sua storia facendo un ponte tra oggi e ieri in un costante gioco di specchi in modo tale che lei possa vedere e mettere ordine.

Emerge una forte richiesta e necessità di essere riconosciuta non solo come donna adulta, ma anche come madre capace di prendersi cura del proprio bambino.

I forti episodi di ansia e smarrimento si verificano solitamente in situazioni in cui si sente sola e impossibilitata a ricevere aiuto. Sono spesso riferiti a momenti in cui in prima persona deve occuparsi del bambino in condizioni di stress.

Questi episodi, insieme al malessere fisico, la trascinano in una spirale che lei definisce depressiva. Riconosce assenza di energie e un senso di insicurezza.

Mi racconta come abbia sempre notato una ciclicità nell’abbassamento del tono dell’umore e delle energie, collegandolo però sempre all’adolescenza e agli alti e bassi di quella fase della vita.

Elisa ha effettivamente avuto bisogno dell’aiuto dei genitori che dal lunedì al venerdì sono ospitati in casa sua per aiutarla con il bambino e nelle faccende di casa.

Il suo senso di inadeguatezza nei confronti del figlio era molto forte soprattutto nei primi mesi di vita del bambino, aveva paura di non aver creato una connessione con lui e di non essere abbastanza forte per lui.

La frustrazione data da questo vissuto è leggermente diminuita nel corso dei mesi, con la crescita di Andrea.

Quando termina l’attacco di ansia e allarme sente un brusco calo energetico che la fa piombare in quella che lei definisce depressione. Solo Andrea e il prendersi cura di lui la tira su e la sostiene.   

Emerge anche una forte tematica di separazione.

Situazioni in cui rimane sola la agitano facendole venire un forte attacco di ansia. Mi racconta che spesso pensa che, essendo il compagno di 15 anni più grande di lei, in un futuro anche se lontano, potrebbe rimanere sola. Questo la preoccupa e la spaventa perché sente che ad oggi non avrebbe gli strumenti per gestire quella solitudine.

Ad oggi le indagini mediche circa le sue problematiche fisiche hanno escluso il morbo di Chron, e hanno avvalorato la diagnosi di fibromialgia.

La diagnosi la rende serena perché sente che non è più in balia di un malessere incomprensibile: “ora che so chi sei, possiamo giocare ad armi pari”.

 

imageLe mie riflessioni dopo i primi incontri

Di volta in volta noto come si faccia sempre più chiaro un gioco di specchi tra il suo passato ed il suo presente. Man mano che srotoliamo e riavvolgiamo la sua storia e costruiamo ponti tra passato e presente, noto come sia per lei fondamentale specchiarsi in questo suo passato.

Se lei si specchia, vede e può mettere ordine!

Grazie alla mappa familiare riusciamo a vedere meglio la sua famiglia.

Emerge che quando la mamma è lontana nota solo gli aspetti positivi e belli della loro relazione. La vicinanza e la convivenza causata dalla presenza di Andrea hanno evidenziato molti aspetti per lei pesanti e negativi: il sentirsi ancora trattata come figlia e non riconosciuta come mamma e donna adulta; si sente svalutata e risucchiata in un vortice adolescenziale.

Con il papà solo di recente sta ricostruendo un rapporto. Negli anni, infatti, il papà è sempre stato molto impegnato con il lavoro nel negozio.

Elisa sente molto vicini entrambi i fratelli e sente un legame forte costruitosi nel tempo anche se ormai, vivendo lontani e avendo ognuno la propria vita, sente che un po' si sono allontanati.

Definisce la mamma: altruista, nervosa e organizzata.

La mamma ha rinunciato ai suoi sogni e desideri per occuparsi della famiglia.

Elisa vive questa decisione come un aspetto positivo e da ammirare, anche se le dispiace per lei. La mamma è anche nervosa perché ha sempre dovuto occuparsi della casa e dei figli, facendo tutto da sola senza mai delegare niente e accumulando stanchezza e stress. Per questo è organizzata, non lascia nulla al caso ed è molto dinamica.

Il papà: sognatore, pratico e solitario.

Con il termine “sognatore” Elisa vuole sottolineare la sua fantasia, ha infatti scritto un libro ed in generale mi racconta che gli appartiene un estro artistico che Elisa coglie come elemento di connessione e vicinanza a lui. Nonostante questo, è comunque un uomo con i piedi a terra che sa come muoversi nella vita. Infine, è solitario, sempre solo nel suo negozio a lavorare.

Definisce sé stessa: ansiosa, insicura e amorevole.

Elisa sottolinea come l’ansia abbia sempre fatto parte di sé, ma che sia aumentata da quando è nato Andrea. Questo la fa sentire in colpa e inadeguata. Sente di avere un amore immenso ed infinito da donare che però non sa come far arrivare ad Andrea, che risulta essere un bambino difficile e poco incline alle coccole e ad essere manipolato. Il parto estremamente prematuro ha fatto sì che Andrea abbia delle rigidità fisiche e una estrema sensibilità emotiva che lo rendono un bambino nervoso e incline a repentini cambi di umore. A causa delle sue rigidità fisiche Andrea viene sottoposto alla fisioterapia e a sessioni di psicomotricità nelle quali Elisa impara ad entrare in relazione con Andrea e con il suo modo di essere.

 

Srotolare la storia di Elisa

        Quali segni incisi?

  • Arriva all’improvviso, inaspettata.
  • Minacce di aborto dal 3° al 7° mese
  • Buon peso alla nascita
  • Allattamento rapido e indaffarato.
  • Papà mai presente, sempre solo in negozio.
  • Fallimento negozio, lei sente di non dover chiedere per aiutare i genitori.
  • Scuola ok, ma relazioni manipolatorie
  • 11 anni diagnosi tiroidite di Hashimoto
  • 12 anni attacco di ansia forte (primo)
  • 17 anni tonsille enormi ma non operate
  • Periodo droghe

        Cosa mi colpisce di più?

La sua costante fatica, la sua paura di morire e lasciare solo ed indifeso Andrea o la paura che muoia qualcuno e che lei rimanga sola.

La sua fisicità che esprime delicatezza e fragilità, la sua storia drammatica, ma che non lascia trapelare il dramma, emerge solo energia e gioia.

Nonostante le difficoltà del parto e la paura per Andrea, la sua storia tappezzata da stati di malessere, solitudine, preoccupazione per la famiglia, Elisa racconta questi eventi con una nota di fiducia. La conclusione alla quale arriva sempre è che ormai ciò che racconta è passato e che lei comunque è qua a raccontarlo. Sa che ciò che ama e che la rende felice è reale e tangibile nonostante tutto. Attraverso i suoi racconti, oltre al dolore, traspare la gioia di esserci, la consapevolezza che nonostante gli eventi difficili lei e chi ama ci sono.

Sempre con fatica, ma con gioia.

Oltre a questo, lei presenta dei costanti schemi di sostegno all’altro, è sempre sbilanciata verso l’altro, verso il mondo. Ma che significa questo?

Una drammaticità nascosta dalla gioia, una disperazione energetica mascherata.

Gioia è vita, è la sua lotta per non soccombere. O sei gioiosa o muori, o trovi l’energia o muori.

Questo out out appartiene ad un tempo lontano, lontanissimo. Appartiene ad un tempo pre-soggettivo.

“Io faccio fatica!” è un mantra nella sua vita, nella nostra terapia, nel mio srotolare e arrotolare.

Questo sbilanciarsi va ripreso, è importante riequilibrarla.

        Cosa mi attiva?

Mi sono chiesta: chi sono io per te? Chi sei tu per me? La risposta a questa domanda mi ha fatto sentire un petto aperto, spalle larghe, un collo dritto. Allarme e una pancia un po' vuota. In ogni caso una presenza, io c’ero.

Il mio terzo livello, il collo, e il suo, in cosa sono simili e in cosa non lo sono? Sono entrambi tesi, in allarme. Talmente tesi che ogni tanto lei fa fatica a deglutire.

Nel mio collo però io non sento abbassamenti di energia, nel suo invece qualcosa accade ed è accaduto. Queste valli ci sono e ci sono state: la tiroidite, un organo bersagliato da una malattia autoimmune. Un segnale di bassa energia di organo in un momento di passaggio di vita? Successivamente si aggiungono le tonsille sempre infiammate. Ha appreso che quando hai basse energie sei più aggredibile, ed emerge la sua paura che in terapia risuona costante. (Van der Kolk B., 2014)

 

Ipotesi di diagnosi

- In termini di diagnosi Analitico Caratterologica troviamo una relazione primaria noradrenergica allarmata difettuale. Conosce l’allarme, da tempi pre-soggettivi. Ecco perché è sempre in fatica.

Un equivalente depressivo? Penso di si.

- In chiave energetica la sua è una fatica relazionale.

L’evento della nascita di Andrea nel qui e ora è fortissimo. Lui irrompe e travolge la coppia. Richiede troppe energie, lei non le ha. Non ce la fa.

Il passaggio dal due al tre diventa una richiesta energetica infinita.

Emergono dei riverberi frattalici, i timori di allora si sono organizzati sul piccolo. 

- Ipotizzando una diagnosi relazionale: Elisa tende alla generosità, è spostata verso l’altro. Se l’altro c’è io esisto. (Ferri G. & Cimini G., 2012).

C'è poi questa modalità di non lasciarsi travolgere completamente dai drammi. Sì, ne soffre, ma ha una spinta alla sopravvivenza che le permette di riparare il dramma. Anche questo aspetto è da ricondurre ad un allarme pre-soggettivo. È quello che ha dovuto fare e ha imparato a fare e che quindi sa fare anche oggi. (De Bonis & Pompei, 2015).

Elisa ha un tema relativo al tempo. Un tempo che è stato poco e questo fa sì che cerchi qualcuno che abbia più tempo di lei e che possa così garantire la sopravvivenza. Per esempio, il compagno è una presenza, una stabilità e una sicurezza, ma non è un soggetto sessuale. Il tipo di relazione che ha con lui richiama più una relazione pregenitale, in cui lui risulta come una figura che le garantisce un appoggio e una sicurezza: la presenza che le garantisce la sopravvivenza.

- Se leggiamo i neuromediatori: la sua serotonina è molto bassa.

Ha avuto una gravidanza noradrenergica. Necessita quindi di una relazione serotoninergica (Ferri G.& G Cimini, 2020).

Ha bisogno di qualcuno che ce la faccia, e che non sia troppo distante.

- Quale la mia posizione?

Mi rimanda un sentirsi vista, aiutata. Sono punto di riferimento con il quale aprirsi e verso il quale tendere. È in questo modo che possiamo scambiarci serotonina affettiva e toracica. In questo modo lei si può specchiare. Nel gioco di specchi lei vede. Vede che ce la può fare.

Trovandosi Elisa in questa pre-soggettività, c’è anche la possibilità di schemi imitativi, che lei prenda la forma. Posso quindi passarle uno stile diverso di incontro con il mondo (Ferri G., 2020).

 

Attivazioni corporee

Cosa fare per recuperarsi? Come aiutarla ad orientarsi nella sua confusività?

Propongo l'attivazione corporea del naso cielo con luce stabile[†]: finalmente c’è un oggetto che è stabile verso il quale Elisa può andare, ma dal quale può anche tornare a sé.

Potrà permettersi di tornare su di sé, di recuperarsi.

Attivare gli occhi le permette di individuarsi e di salire in soggettività dal punto fisso a sé, le permette di sostenere la soggettività e ritrovarsi nella relazione con il mondo senza confusione. È quindi un processo di recupero di energie sul primo livello: gli occhi (Ferri G., 2020).

Questa attivazione è un tentativo di separazione, individuazione dall’area orale, una piattaforma per salire alla fase muscolare.

Elisa ha bisogno di essere nutrita, ha bisogno del torace, un quarto livello che l’aiuti a salire.

Come nutrirla? Come inserire il quarto livello che la faccia salire evolutivamente?

Attraverso la relazione sicuramente, ma attraverso il corpo?

Penso alla respirazione con il movimento di suzione che attiva il quarto livello e questo supporta il secondo livello, la bocca dell'oralità, che ha un’energia bassa. Il primo e il quarto livello la fanno salire più in alto rispetto al debito e alla fatica che ha nella sua oralità.

Lei ha infatti uno stile orale. Ha bisogno di apprendere che ora può e sa nutrirsi da sola, che è in grado di riparare le sue fatiche. (Ferri G., 2020).

Questo il progetto al momento.

In futuro si potrà forse trasformare l'acting della suzione nel dire “Io”.

Mantenendo sempre attivi gli occhi, ma inserendo “l’Io” all’apice della inspirazione.

Questa attivazione ha una sua carica, dà carica. Le permetterebbe di affrontare il mondo con minore fatica.

Posso passare ad Elisa un nuovo stile di relazione con il mondo (Ferri G., 2020).

 

 

[†]          Attivazione corporea del primo livello corporeo relazionale (occhi) di fase oro-labiale. Collocata analiticamente dopo il “punto fermo luminoso” e prima del “naso-cielo ad oggetto in movimenti”.  Aggiunto dalla S.I.A.R. nell’ultimo decennio, rappresenta una finestra evolutiva altrimenti non considerata. Il movimento degli occhi che dalla propria piramide nasale salgono verso la penna luce e ritornano su di sé, sottolinea il processo di individuazione, il movimento possibile. Soprattutto il riprendersi in presenza dell’altro che c’è stabile e luminoso a sostenere tale movimento. L’attivazione naso-cielo con penna stabile tocca temi di separazione-individuazione, permettendo di orientarsi verso la possibilità di segnare nuovi schemi di tratto e stili di relazione.

 

Bibliografia

De Bonis, M.C., Pompei, M. (2015) Come sarà il tuo bambino? Dal concepimento inizia a formarsi il carattere. Milano: Alpes.

Ferri, G., Cimini, G. (2022) Carattere e Psicopatologia. La psicoanalisi nel corpo ed il corpo in psicoanalisi. L’Analisi Reichiana Contemporanea. Milano: Alpes.

Ferri, G., Cimini, G. (2012). Psicopatologia e Carattere. L’analisi Reichiana. La  Psicoanalisi nel corpo ed il corpo in psicoanalisi. Roma: Alpes.

Ferri G. (2020). Il tempo nel corpo, attivazioni corporee in psicoterapia. Milano, Alpes.

Van der Kolk B. (2014). Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche. Trad. italiana, Milano. Raffaello Cortina.

 

Psicologa, psicoterapeuta, analista reichiana. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Indirizzo professionale: Largo Bilancioni, 14-Roma.

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