Numero 1/2024
Immaginazione e psichiatria
di laura de strobel*
appunti dall'incontro del 25/08/2015 presso la Libera Università di Alcatraz con lo psichiatra dott. Massimo Mari
Ho avuto la fortunata occasione di poter assistere ad una conferenza tenuta dal dott. Massimo Mari, nell’ambito del Festival dell’Immaginazione (23-30 agosto 2015), organizzato dalla Libera Università di Alcatraz, associazione culturale fondata da Jacopo Fo nel 1981.
Per lavoro mi occupo anch’io - in uno dei tanti sensi possibili - di immaginazione, ovvero sono una casting director e una regista teatrale.
La proiezione di opere d’arte, fotogrammi cinematografici e fotografie hanno accompagnato piacevolmente le parole del dott. Mari (marchigiano molto spiritoso).
Cos’è la salute mentale? È un po’ quando hai tutte le malattie insieme... Essere un po’ ossessivi nello studio aiuta, per esempio, o se si va a ballare in discoteca è bene essere un po’ isterici, se parli con Renzi devi essere alquanto paranoico, lavorando nelle istituzioni pubbliche aiuta essere un po’ borderline: devi aggiustare continuamente le distanze...
Quando interviene la psichiatria? Quando non si è più capaci di immaginazione o quando non si riesce ad uscirne.
Dietro l’immaginazione ci sono molto cose: la pulsione, il sogno, la fantasia, la cultura, l’assenza dell’oggetto amato…
L’immaginazione e il sogno sono alla base della libertà.
L’introiezione del confine permette all’immaginazione di produrre soggettività.
La nozione di emergente permette di cogliere l’autorevolezza del pensiero associativo. L’arte ne è frutto, la follia senza limiti ne è il vizio.
Si può decidere di oltrepassare il limite se si è consapevoli che il limite c’è. Ad esempio posso decidere deliberatamente di dire una bugia. Non sono folle, sono consapevolmente bugiarda.
La libertà del pensiero associativo, se condivisa, è meglio.
L’ottica anglosassone della medicina basata sull’evidenza clinica (Evidence Based Medicine) funzionerebbe se fossimo tutti uguali, ma non lo siamo.
Il dott. Mari difende il pensiero associativo rispetto a quello unico: “Gli organicisti ci accusano di fare poesia. E io dico: è vero“.
Operare come se fossimo tutti uguali è da sempre l’ottica del potere che ci vuole controllare. Ogni schiavitù è certamente anche rassicurante, ma ha i suoi inconvenienti.
L’immaginazione cambia a seconda delle fasi della vita.
Osservando il quadro di Klimt Le età della donna: la bambina non può non immaginare che la gioia sia eterna, la mamma è consapevole che non lo sarà ma intanto la può vivere, la nonna sa che finirà.
Affrontare il fatto che le cose finiscono è difficile e necessario. (Il dott. Mari si occupa molto anche del fine vita).
Dall’immaginazione all’immaginario:
“Ho visto cose che voi umani non potete immaginare:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire.”
Il replicante (interpretato magistralmente da Rutger Hauer) ha un immaginario diverso da quello dell’essere umano (Harrison Ford) e prima di morire glielo trasmette.
Il dott. Mari collabora con il GUS - Gruppo Umana Solidarietà (www.gusitalia.it), ONG che interviene dove c’è un’emergenza, ma anche nel disagio sociale quotidiano. I principali ambiti di intervento sono l’accoglienza e il sostegno concreto a coloro che fuggono da guerre e persecuzioni e arrivano in Italia in cerca di protezione internazionale. Operano in favore dei migranti, rifugiati, richiedenti protezione internazionale e asilo, senza dimenticare la tutela dell’infanzia e la promozione dei diritti umani. Sostengono con azioni concrete i gruppi vulnerabili e coloro che si trovano in situazioni di difficoltà e marginalità sociale.
Un uomo del Malhi, arrivato in Italia con un barcone da poco tempo, viene fermato in strada dalla polizia (a Iesi o in un’altra città italiana, non ricordo) poiché ha malmenato una persona. Subito è chiaro uno stato mentale alterato, ad esempio parla da solo, e viene affidato alle cure del Servizio Sanitario Nazionale. Viene trattato in diversi modi, tentando farmaci differenti, senza avere successo alcuno, in un caso addirittura ha rischiato di morire poiché allergico alla sostanza che gli avevano somministrato. Ad un certo punto del suo peregrinare da un ospedale ad un ambulatorio, finisce in quello del dott. Mari. L’ottica del GUS aiuta a farsi venire un’idea: - affianchiamogli una persona del Malhi, una qualsiasi, basta che sia del Malhi.- Così trovano un antennista da diversi anni in Italia per fare da accompagno. Progressivamente la situazione migliora e ricevono dall’antennista delle informazioni fondamentali: in Malhi è normale in caso di disagio parlare con lo spirito della propria madre morta - ecco perché parlava da solo - e picchiarsi in caso di scontro e litigio, in famiglia e fuori…
È fondamentale tenere conto dell’immaginario culturale di ciascuno di noi e non dimenticare mai, ancora una volta, che non siamo tutti uguali.
Il trauma.
Il trauma collettivo è più forte di quello individuale.
Il trauma impedisce all’immaginazione di alleviare il dolore della realtà.
Il dott. Mari lavora negli interventi sul campo in seguito ai terremoti, insieme a molti volontari (“che sono lì perché hanno il terremoto dentro se stessi, se no perché lo fai…?”).
La prima sensazione che la persona traumatizzata percepisce è la solitudine.
Inoltre ha la sindrome da ripetizione. Non il ricordo, ma un’immagine fredda. È intrappolata dentro l’evento (vedi il quadro precedente di Escher).
Per aiutare le persone ad elaborare il trauma si cerca di reinserire il fluido dell’immaginazione tra l’io e la realtà. Nel trauma “è tutto acciaccato, spiaccicato”.
Ai bambini si fa disegnare e/o danzare il terremoto. Per liberare un po’ il fantasma.
Il 99% degli immigrati che arrivano con i barconi hanno subìto traumi.
La depressione.
I sintomi della depressione, all’inizio del secolo scorso, erano per lo più indivituati in: depressione del tono dell’umore, rallentamento psico-motorio, senso di colpa.
Si è poi difusa la depressione narcisistica, quando tutti dovevamo essere sempre al massimo. Un sé megalomaniaco che comporta un gran dispendio di energia. Se non ti senti all’altezza puoi essere spinto ad assumere droghe stimolanti e euforizzanti.
Troviamo anche la disumanizzazione: è sociale. Ci si paralizza. Il bombardamento di immagini terribili ci paralizza, il potere toglie servizi sociali primari e crea ignoranza…
Il dott. Mari racconta infine della depressione dissociativa, di come il suo ambulatorio si stia riempiendo negli ultimi tre anni di ragazzi tra i 20 e i 30 anni intelligentissimi, generalmente di buona famiglia, con brillanti carriere che dicono cose del tipo “Dottore, mi si deve essere staccato il cervello. Non sento più le emozioni. Non mi importa niente di niente.” Non escono più di casa, sono fermi. (In Giappone più di 1.000.000 di persone è in questa condizione: chiusi nella propria stanza senza uscirne più).
Il dolore è talmente forte che stacca la sfera cognitiva da quella affettiva.
I tratti comuni che Mari riscontra tra questi suoi pazienti sono:
- utilizzo assiduo fin da bambini di Second Life su internet;
- assenza di vicinanza affettiva da parte dei genitori;
- uso di cannabis - che fa anche bene, per esempio, per alleviare il dolore ai malati di cancro poiché stacca il dolore dal terrore. Ma appunto è un agente dissociante;
- tentativo fallimentare di debutto sessuale con attacchi di panico.
È un malessere che porta fobia sociale.
A questo punto le domande degli uditori, per lo più sui 50-55 anni d’età, si sono scatenate. Tra cui: “Quante femmine e quanti maschi tra i suoi pazienti in queste condizioni?”
Dott. Mari: “Tutti maschi. Le femmine sono più paranoiche…”.
Nel suo dire, il dott. Mari, inserisce una polemica ironica contro gli psicologi che scrivono e non fanno… è un operativo lui! Come il professore ordinario di Psichiatria dell’Università Cattolica di Roma che apprezza molto (ma io non so chi sia).
Lettura consigliata: Franco ‘Bifo’ Berardi, Heroes, Suicidi e omicidi di massa, Baldini & Castoldi.
La genitorialità delle generazioni precedenti produceva degli avversari anche da odiare, siamo sicuri che non serva avere qualcuno da odiare? “Erano degli STRONZI VERI! - Senti che emozione però, quando lo dico?” (cit. dott. Mari).
A questo punto, sull’immagine della Flagellazione di Cristo di Piero Della Francesca legata a un discorso sul pensiero complesso, la mia attenzione ha cominciato a perdere qualche colpo…: due ore di conferenza così intensa e appassionante senza pausa per me sono troppe! E sono uscita a fumare una sigaretta. Affacciandomi di nuovo alla porta, ho colto una citazione dal romanzo di Stefano Benni Elianto, seguita da uno scrosciante applauso, di fine conferenza.
[*] Regista teatrale e casting director