Numero 1/2019
INCONTRARSI AL BAR FUORI LUOGO
Un luogo dove stabilire connessioni profonde e curare la sofferenza dei giovani
Un gruppo per accogliere e trasformare il disagio giovanile Storie di psicoterapia corporea ai tempi della pandemia
MEETING AT THE PUB OUT OF PLACE
A place to establish deep connections and cure the suffering of young people
A group to welcome and transform youth discomfort Stories of body psychotherapy at the time of the pandemic
DOI: 10.57613/SIAR21
Silvana Bragante[*]
Chiara Valleri**
Abstract
INCONTRARSI AL BAR FUORI LUOGO è il titolo di un libro[1] nato per testimoniare l'esperienza di un gruppo di giovani che ha affrontato coraggiosamente il disagio con la guida di due psicoterapeute analiste reichiane.
Il libro riferisce di un’esperienza pensata e realizzata per accogliere e trasformare il disagio giovanile in un’opportunità di crescita. Racconta in modo concreto e sintetico, passo dopo passo, come in un diario di bordo, l’esperienza di sedici giovani che hanno deciso di intraprendere un percorso di psicoterapia corporea in gruppo. Una sorta di viaggio nella propria interiorità, condiviso e affrontato attraverso il confronto con gli altri.
Il volume raccoglie le voci dei giovani che hanno attraversato quest’esperienza e delle psicoterapeute che li hanno accompagnati. La particolare intensità del gruppo psicoeducativo “UnoPerTutti,TuttiPerUno” edizione 2019-2020 è legata al contesto della pandemia.
Il percorso di questo gruppo ha infatti avuto inizio prima del Covid-19, per poi continuare avventurosamente online e concludersi con una modalità mista: parte in presenza e parte a distanza. Ripercorrerne le tappe consente di vedere come la pandemia abbia impattato fortemente sul gruppo, con esiti non solo negativi, ma anche inaspettatamente creativi e significativi.
Parole chiave
Disagio - malessere giovanile – pandemia - psicoterapia corporea in gruppo – autoconsapevolezza - auto compassione.
Abstract
INCONTRARSI AL BAR FUORI LUOGO (MEETING AT THE PUB OUT OF PLACE) is the title of a book written to record the experience of a group of young adults that bravely confronted distress with the guidance of two reichian analysis psychotherapists.
The book relates to an experience conceived and executed to embrace and transform the distress of young adults in an opportunity to grow. It reports in a practical and synthetic way, step by step, in a manner similar to a logbook, the experience of sixteen young people who decided to undertake a body psychotherapy path in a group. A sort of journey inside their own inner reality, shared and dealt with through the discussion with others.
The volume collects the voices of the young adults going through this experience and of the psychotherapists that guided them. The particular intensity of the psychoeducational group “UnoPerTutti,TuttiPerUno” (“One for all, all for one”) edition 2019-2020 is linked to the pandemic context.
This group’s journey, in fact, started before the spread of Covid-19, then adventurously continued online and concluded in a mixed manner: sometimes in person, sometimes remotely. Retracing its stages allows to see how the pandemic strongly affected the group, with results not just negative, but also surprisingly creative and substantial.
Key words
Distress - teen angst – pandemic - body psychotherapy group – self-conciousness – self-compassion.
Il disagio, il malessere giovanile
I giovani dai venti ai trent’anni spesso hanno momenti di crisi, di smarrimento, talvolta collegati a difficoltà nelle relazioni, caduta della capacità di concentrarsi nello studio, sfiducia in sé stessi e comparsa di sintomi patologici quali ansia, insonnia, attacchi di panico, depressione.
Il malessere giovanile è sicuramente un disagio legato a una fase di snodo, di passaggio: lasciare l’adolescenza e prendere il proprio spazio come adulti nella società attuale non è semplice. Nel mondo occidentale si richiede ai giovani di diventare grandi, ma contemporaneamente glielo si impedisce, tenendoli in una situazione di limbo e di dipendenza. Eppure per crescere in salute i giovani hanno bisogno di guardare al futuro, di impadronirsi di strumenti utili per costruirlo: agire, scegliere, inventare, contrastare le offese alla vita,...
Se il loro potenziale viene ostacolato dall’organizzazione sociale, spento dal pessimismo, imbavagliato dall’impotenza, confuso e deviato da soddisfazioni surrogate, allora la crescita rallenta e implode. Esplode il malessere.
Una soluzione possibile
Un modo per vincere il disagio è sviluppare autoconsapevolezza e autocompassione, accettando i propri lati fragili con gentilezza. Nella pratica pluriennale presso l’Associazione di Volontariato “Servizio Consulenza Giovani Wilhelm Reich ODV”[2] abbiamo incontrato centinaia di giovani intelligenti, sensibili e sofferenti. Talvolta fragili, talvolta confusi e disorientati.
Come psicoterapeute, volontarie nel Servizio Consulenza Giovani, vogliamo attirare l’attenzione sul disagio giovanile, alzando lo sguardo oltre le sofferenze e le difettualità individuali, andando a cercare le cause. Agiamo in modo da aiutare i giovani ad affrontare e risolvere il loro disagio per diventare le persone che potenzialmente sono. Non solo, andiamo oltre il giudizio che offende i giovani etichettandoli come devianti o manchevoli, oltre un’empatia compassionevole, per comprendere le cause socio educative del disagio e della sofferenza.
Vogliamo allargare lo sguardo ad una scena più ampia per riflettere ed individuare la connessioni del disagio con il diffuso stile di vita nelle nostre quotidianità.[3]. Torino è una città universitaria. Accoglie più di 100 mila studenti. Di essi gran parte è “fuori sede”. Un modo per dire che sono emigrati qui per studiare, lasciando la famiglia, gli amici, i paesi o le città nelle quali hanno vissuto. Spesso sono incerti, disorientati, al momento in cui entrano all’università, o anche quando stanno per uscirne e si preparano all’ingresso nel mondo del lavoro. Chiedono sostegno al Servizio, che offre cinque colloqui gratuiti di consulenza. Dal lavoro iniziato nel Servizio di Consulenza Giovani si è sviluppata l’esigenza di rispondere con azioni più incisive, che utilizzano strumenti più potenti.
Da qui si è concretizzato il progetto di istituire gruppi psicoeducativi gratuiti. Il progetto, elaborato con l’appoggio della Società Italiana di Analisi Reichiana, è stato sostenuto dall’associazione Hokuzenko di Torino ed è stato finanziato dall’Unione Buddista Italiana con l’8 per mille negli anni 2018, 2019, 2020 e 2021.
L’associazione Hokuzenko ha sede a Torino e ultimamente anche a Lequio Tanaro (Cn). Il suo scopo è la pratica dello Zen Rinzai.[4]
Il progetto del gruppo psicoeducativo rivolto ai giovani, con il nome “Uno per tutti, tutti per uno”, ha fornito una risposta concreta, una soluzione possibile al malessere giovanile, offrendo nel corso degli anni gruppi psicoeducativi, della durata di 45 ore, condotti da due psicoterapeute a orientamento corporeo (Analiste Reichiane).[5]
Il gruppo è portato avanti da una coppia di conduttori perché la complessità della comunicazione che si dipana a livello verbale, emozionale e corporeo in un gruppo è talmente ricca che due occhi e due orecchie sono insufficienti per coglierla. La collaborazione tra i conduttori del gruppo consente di sviluppare uno spazio di ascolto e condivisione e valorizza le diverse sensibilità personali componendole in un’organicità più ricca ed estesa.
Perché un percorso di gruppo?
Il gruppo, come si può leggere dalle testimonianze dei giovani che ne hanno fatto parte, è il luogo privilegiato per riconoscere la comune umanità e sviluppare la gentilezza verso di sé. Disegno realizzato da un partecipante al gruppo e donato al termine del percorso. In questo disegno l’artista racconta di aver voluto rappresentare se stesso come il ragazzo con l’ombrello che cammina per la città nel suo quotidiano. L’ombrello rappresenta le sue difese e il raggio di sole, che lo illumina, il gruppo.
Perché scrivere un libro?
Nel triennio sono stati attivati e portati a termine cinque percorsi di gruppo. L’esperienza imprevedibile della pandemia ha segnato il terzo gruppo, iniziato in presenza 3D e traghettato a causa del lock down nella dimensione on-line, in 2D. La storia di questo gruppo che è proseguito, nonostante le condizioni avverse e impreviste, ci è sembrata particolarmente interessante, perché rende testimonianza della resilienza e della creatività che un gruppo può esprimere. Si è deciso perciò di raccogliere tutto il materiale, organizzarlo e farne un libro.
INCONTRARSI AL BAR FUORI LUOGO è un libro a più strati
E’ una testimonianza corale che raccoglie più voci. E’ un diario di bordo che riporta in modo ordinato il racconto delle esperienze affrontate da uno dei gruppi psicoeducativi realizzati, quello che si è tenuto dall’autunno 2019 al luglio 2020 e che quindi ha attraversato l'esperienza dell'esplosione della pandemia e del primo lockdown. Un gruppo che ha affrontato i cambiamenti imposti dalla pandemia e ha continuato a lavorare adattandosi con nuove modalità di incontro, partendo da un setting di lavoro corporeo in presenza, continuando on-line e terminando nuovamente in presenza in un giardino, all'aria aperta.
Perché leggere questo libro?
- Se vogliamo avvicinarci ai giovani e avere testimonianza diretta della bellezza, sensibilità e intelligenza, qualità che spesso vengono celate o che non sono viste, quando non ci sono occhi disposti ad apprezzare.
- Se sei un giovane che soffre un disagio, o se sei un suo amico o comunque vicino a lui.
Questa è stata la ragione che ha dato la spinta principale, l'energia per raccogliere, organizzare e pubblicare il materiale: raggiungere altri giovani per condividere con loro l'esperienza fatta e utilizzarla come traccia, guida, strada per uscire dalla confusione.
Ci auguriamo che il libro possa essere uno strumento per raggiungerli, entrare in contatto con loro, in un modo più diffuso ed efficace quanto il passa-parola.
- Se ti occupi dei giovani: sei un genitore, un adulto in generale, un/una insegnante. E’ stato scritto in modo da consentire una comprensione delle tecniche utilizzate anche ai non addetti ai lavori.
- Può interessare i colleghi psicologi che vogliono esplorare una modalità di psicoterapia a orientamento corporeo.
Sono riportate descrizioni esemplificative di alcuni acting di vegetoterapia, gli strumenti del mestiere degli analisti reichiani, sia nella forma individuale che nella forma adattata al gruppo, sono descritti i giochi e le proposte di lavoro corporeo presentate, sono riportati di volta in volta i commenti dei partecipanti alle singole proposte di lavoro.
Sono stati inseriti nel testo alcuni box con riferimenti teorici, riflessioni sull’utilità e i limiti del lavoro online e i cambiamenti di “setting” portati dalla pandemia.
- L’aspetto più sorprendente e entusiasmante, che può interessare chiunque, è il racconto della storia inaspettata che è nata e si è sviluppata nelle connessioni creative del gruppo.
Vale la pena leggere come uno stimolo fornito da una singola persona nel contesto di un gruppo possa essere accolto e diffuso, sotterraneamente , sottotraccia nel gruppo, per poi riemergere in tempi successivi. Come una manciata di semi lanciati in un campo: i semi possono trovare un ambiente accogliente e in tempi successivi germogliare restituendo calore e vitalità. - Un esempio di questo è raccontato nella storia del mantello dell’invisibilità che protegge e nell’imprevisto fuori-setting.
Il mantello-manta è un mantello magico che ti scalda, ti protegge e ti consente di avvicinarti senza essere visto: puoi fare scherzi agli amici , abbracciare le persone tristi, eludere i controlli di polizia.
Un altro esempio della creatività del gruppo è nel titolo dato al libro: è stato ispirato dal commento di una partecipante, la quale ha osservato essere comune a tutti l'esperienza di sentirsi spesso “fuori luogo”. Poiché nel gruppo tutti hanno sperimentato la possibilità di essere ascoltati, trovando il coraggio di esprimersi, in un luogo sicuro e al tempo stesso aperto, in cui potersi incontrare, è venuta fuori questa battuta scherzosa... ”allora si potrebbe aprire un bar con questo nome: BAR FUORI LUOGO”.
Ci piace chiudere riportando stralci delle testimonianze dei giovani
“La fragilità ha una bellezza unica” e forse è proprio questo che ci unisce: l’esporci diventando di fatto più fragili. Ma è solo tramite la condivisione, e quindi correndo questo “rischio” o affrontando questa “paura”, che possiamo permettere agli altri di avvicinarsi a noi, entrare nel nostro mondo, ma soprattutto, riflettere su se stessi. Questo mi ha fatto capire che quando conosci una persona nel profondo, tramite connessioni più intense del solito, puoi scoprire davvero quanto è complessa e speciale sotto la superficie. Ma la scoperta più interessante credo sia quella che deriva dall’introspezione e dalla vicinanza vera con noi stessi. Siamo esseri molto più complessi di quanto crediamo e dobbiamo essere umili di fronte a questo.
Grazie dal profondo del cuore a Silvana, a Chiara e ad ognuno di voi, per avermi regalato un’esperienza unica, una ricchezza preziosa da custodire nel cuore: mi avete aiutata a sperimentare l’empatia e la vicinanza dell’altro con ogni mezzo, anche senza le parole, anche utilizzando solo il corpo, il pensiero oppure il silenzio. Spero tanto che non ci perderemo.
Del gruppo fanno parte diverse persone, alcune simpatiche, altre molto chiuse, alcune molto profonde, altre particolari, ma tutti sono interessanti da scoprire e credo che siamo proprio un bel gruppo di lavoro. Mi auguro che un giorno IL VIAGGIO CONTINUI IN 3D (tre dimensioni e non due come on line) potremo andare tutti assieme da qualche parte a divertirci e ripetere la cosa ogni tanto, come un gruppo di amici.
Ciò che ho imparato: sono un alieno a tre teste, ma non sono l’unica, ci siete voi; non è sbagliato non avere risposte, è sbagliato non interrogarsi a fondo sulle domande a cui vogliamo dare una risposta; stare in un cerchio con persone che (chi più, chi meno) condividono i tuoi stessi stati d’animo, mi ha fatto capire, una volta per tutte, di non essere sola.
Le nostre ombre non si sono più sfiorate, ma spero possano tornare a farlo. E speriamo di poterci rivedere di nuovo tutti in cima ad una bella scalinata. Salirò i gradini a due a due.
Ho trovato bellezza e altruismo nei vostri racconti fantastici, sensibilità e vicinanza per gli stati d’animo dell’altro. Ma anche noia, delusione e rabbia e, in risposta a ciò, ho trovato molta gentilezza nelle frasi “va bene anche sentirsi così” o “riconosciamo che c’è questa emozione”, frasi che forse poco ci diciamo nella nostra testa e che sono sicuramente punti di partenza per altre riflessioni.
Ci siamo raccontati le nostre vite a grandi linee, in modo da far intuire a tutti gli altri il sotto-testo delle emozioni che volevamo condividere, siamo praticamente degli sconosciuti, eppure siamo così trasparenti gli uni con gli altri! Abbiamo detto cose che quasi sicuramente ci avrebbero messo in imbarazzo nella vita di tutti i giorni, sentirle dagli altri, dirle noi stessi, già solo pensarle… Eppure, in questo “segreto” che noi condividiamo, ci è stato concesso tutto e la cosa più ovvia che ci è venuta da fare, incontro dopo incontro, è stata essere noi stessi.
Oggi vorrei regalare una chiave in bronzo. Piccola e leggera, si può appendere ad una catenella e portare sempre al collo. Sulla chiave ho fatto incidere la parola “Pazienza”. Mi piaceva l’idea di una condivisione futura, di un oggetto che travalica la sua forma fisica e diventa memoria, quasi un passa-parola tra amici, parenti, conoscenti. Chissà un giorno a chi arriverà quella chiave, da quante mani passerà, che impatto avrà.
Ogni tanto la sera mi piace mettermi sul balcone e osservare il cielo. Quello che vedo è un insieme di stelle. Questo insieme per me rappresenta molto bene quello che noi siamo diventati in questi mesi. Nonostante il periodo difficile che abbiamo attraversato, noi ci siamo fatti compagnia, ci siamo ascoltati e ci siamo compresi. Ascoltare voi e le vostre storie mi ha fatto capire quanto le persone possano essere profonde, quanto siano in grado di ascoltare e quanto riescano a dare raccontando un po’ di sé.
Primo acting corporeo a coppie
"Mi avvicino all’altro con un contatto delle mani; ascolto me stesso e mi avvicino all’altro.”
[*] Silvana Bragante, pedagogista, psicologa psicoterapeuta, analista individuale e di gruppo, didatta e supervisore S.I.A.R. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Indirizzo professionale: strada Eremo 6, 10020 Pecetto Torinese (TO).
** Chiara Valleri, psicologa psicoterapeuta, analista reichiana. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Indirizzo professionale: Corso Bramante 61, 10023 Torino
[1] Bragante, S. (2021), Incontrarsi al bar fuori luogo. Milano: Anthelios Edizioni.
[2] Informazioni sul Servizio nel sito www. analisi-reichiana.it
[3] Come fece in altri tempi il giovane Wilhelm Reich a Berlino, quando si impegnò in un’azione di profilassi e igiene sessuale verso i giovani e le masse creando associazioni di consulenza psicologica che portò avanti dal 1930 al 1933, fino a quando non fu costretto a lasciare la Germania.
[4] https://www.zentorino.org/
[5] https://www.zentorino.org/progetto/