Semplici e brevi riflessioni al tempo del coronavirus
Nei comunicati ufficiali i ricercatori e i medici sostengono che il primo grande focolaio del coronavirus sia scoppiato in Cina tra novembre e dicembre del 2019, per poi estendersi all’Italia, all’Iran e alle nazioni limitrofe orientali. Molto probabilmente in Italia e in Europa l’epidemia si è diffusa verso gennaio del 2020, ed ha iniziato a propagarsi in tutto il mondo.
Dal 21 febbraio affligge in particolare l’Italia da quando è stata data la notizia del primo paziente di Codogno, un paese che si trova nel Lodigiano in Lombardia. Le notizie terribili che provenivano dalla Cina, dall’Italia, dall’Iran e da altri posti isolati, hanno avuto sull’intero Occidente un effetto di rimbalzo a dir poco dissociativo, anzi! Da totale incoscienza. O questo si voleva far credere!
L’Occidente, avendo il senso innato dell’Onnipotenza, non ha fatto altro che sottovalutare il virus, che nel frattempo stava contagiando in forma esponenziale tutte le zone del pianeta. L’Occidente non sa più cosa significhino le guerre nei suoi territori, se non quelle che avvengono nelle altre nazioni, basate sul principio dell’economia, che porta alle guerre di religione e al pregiudizio razziale.
Nei giovani si tenta di cancellare il ricordo del passato, delle guerre, degli olocausti e delle prepotenze sui poveri e sui più deboli, educandoli invece al dio denaro, travestito dalle forme più varie di bassezze, piccinerie e iniquità umane. Una realtà dura. La società attuale in cui viviamo oltrepassa la liquidità, è addirittura rarefatta, e le trasformazioni sociali e culturali hanno modificato sostanzialmente la nostra soggettività e la percezione di rappresentarci, di configurarci e di vedere gli altri e il mondo.
Questo è il tempo virtuale, delle relazioni umane già seriamente compromesse, e il virus invisibile, che ha investito il respiro della nostra vita, ha avuto la potenza di metterci di fronte alla nostra vulnerabilità, alla nostra impotenza e ai nostri limiti.
Ciònonostante esistono per nostra fortuna tanti uomini di buona volontà e seriamente impegnati, che contribuiscono a conservare vivido il ricordo di un passato neanche troppo lontano, attraverso la cultura, i valori democratici della Repubblica, i buoni programmi televisivi e giornalistici, e le interessanti discussioni in rete. È da tener presente che l’ultima volta in cui le scuole italiane furono chiuse, fu nel lontano inverno tra il 1942 e l’estate del 1943, a seguito dello sbarco anglo-americano in Sicilia, e il 1944 con le assenze forzate. Oggigiorno le guerre avvengono diversamente, i mezzi attuali, portatori di morte, sono più raffinati e incutono nella popolazione una paura maggiore perché invisibili.
Non ci si può difendere! Qualche mese fa i comunicati che provenivano dalla Cina, erano percepiti lontani, una sciagura orientale, come le tante calamità provenienti dagli angoli più disparati della Terra. Disgrazie che capitano sempre e soltanto ai cinesi, agli italiani, agli iraniani, … Abbiamo anche assistito agli sberleffi stupidi e cattivi di persone che reagivano alla paura divertendosi infantilmente a giocare sulla morte e sulla sofferenza degli altri. Siamo stati tutti degli attoniti osservatori di una vera e propria rimozione e dissociazione collettiva! Sofferenze altrui sentite come rintocchi nefasti di campane in lontananza. Anzi!
All’inizio sembrava che i “poveri” cinesi fossero i nuovi untori dell’umanità. Ora, invece, che si vive l’isolamento forzato e si ascoltano i comunicati continui, come dei bollettini di guerra, il sentire non è più distaccato! Si provano sentimenti ed emozioni di dispiacere, di empatia, di vicinanza, di solidarietà, di generosità, ma anche di rifiuto, di fastidio, di aggressività, di odio. Una ex paziente mi scrive “sto vedendo giorno dopo giorno come le persone non siano in grado di gestire le frustrazioni e questo clima di odio che si sta creando è proprio il frutto di tutto questo a mio avviso. Non faccio altro che leggere parolacce, offese, insulti di gente che sta dentro casa e non riesce a starci … Che paura mamma mia! Per fortuna ho fatto un percorso che mi ha aiutato a gestire tutto questo e lo sto comprendendo e verificando proprio in un momento come questo. Ringrazio Dio di averti incontrata!”. È evidente che noi psicoterapeuti, finita l’emergenza della malattia organica, continueremo ad aiutare la mente delle persone come sempre. Richiameremo a raccolta le nostre risorse umane e spirituali e il nostro senso innato di responsabilità e di amore verso il prossimo. Proveremo ad alleviare la sofferenza delle persone al fine di farle superare questo trauma tremendo. Diremo ai nostri pazienti che da una parte, sino ad ora, abbiamo provato un senso di invulnerabilità; dall’altra parte, soprattutto quando la vita di ognuno di noi è stata completamente sconvolta nelle abitudini, nelle relazioni e nel lavoro, abbiamo provato impotenza, fragilità e debolezza umana, paura di soffrire, di morire, di lasciare tutto improvvisamente, tutto ciò che siamo riusciti a costruire, ma anche a non costruire. Diremo loro che provare queste emozioni è normale, fa parte della vita umana; ma diremo anche che queste circostanze, molto spesso, hanno il potere di metterci di fronte a noi stessi, e ci aiutano seppur forzatamente a comprendere se siamo riusciti a trovare un significato, un senso, alla nostra vita e a quella degli altri. Diremo quindi che “gli altri”, che ci accompagnano durante la nostra esistenza, seppur estranei, lontani e distaccati, percorrono assieme a noi lo stesso cammino, in questo percorso doloroso e magnifico, che semplicemente è la vita. È vero! Molto spesso appare un mondo scisso, il quale da una parte ci sollecita alla globalizzazione e a tutti i suoi significati; dall’altra parte, invece, ci manda continui segnali che invitano alla diffidenza e al pericolo. Qualcosa da temere e da cui prendere le distanze. L’invito trasversale è di continuare a frequentare le solite persone, del proprio orticello. Di non aprirsi agli altri, al mondo. Continuare a rimanere schiavi delle abitudini e dei condizionamenti. A questo punto la visione della vita diventa miope se non addirittura cieca. Ma non bisogna scoraggiarsi. Ognuno di noi ha la volontà di richiamare a sé risorse inaspettate e buone capacità per uscire dal baratro della sofferenza e della paura. La psicoterapia è un valido aiuto e sostegno per uscire da tutto ciò. Essa è massimamente educazione e ristrutturazione della personalità. Concluderei dicendo che mai come in questo momento, mi sento di affermare che gli altri, tutti gli esseri umani, di tutte le nazioni del mondo, non sono un pericolo, sono invece i nostri fratelli, con i quali viviamo e condividiamo, per un intermittente raggio di esistenza, in un soffio di vita, un’esperienza individuale e collettiva, molto importante e profonda, che ci aiuta ad ampliare la nostra visione di vita e ad evolvere la nostra anima. Il momento che stiamo affrontando è delicato e difficile, e ci invita alla massima prudenza e alla responsabilità, ma non all’indifferenza. L’esperienza che stiamo vivendo ci sollecita a riflettere su quanto sia importante l’azione del singolo nell’ambito di una collettività e quanto ognuno di noi abbia una funzione protettiva per se stesso e per gli altri.
Dott.ssa Amalia Patrizia Martino