L’ESPANSIONE E LA SEMPRE MAGGIOR EFFICACIA DEGLI STRUMENTI DELLA REALTA’ VIRTUALE E DELLA TELEMATICA: DISTANZA TRA I TEMPI/RITMI COGNITIVI E QUELLI BIOLOGICI/EMOZIONALI
RELAZIONE PRESENTATA AL XXXV CONGRESSO DI PSICOTERAPIA MEDICA, tenutosi a Monza (MILANO)
in data 28-29-30 Settembre 2001 da Aldo Gentile – Psicologo-Psicoterapeuta- Analista Reichiano
I computer e la telematica da intrattenimento hanno ormai catturato le menti dei bambini; così come degli adulti. In particolare, come ci conferma il dr. David Meghnagi1 il piacere della manipolazione (nel senso di processo attivo di trasformazione) conduce a cambiamenti e modifiche volontariamente determinate del campo visivo. Queste modifiche entrano in relazione con la capacità inconscia di fantasticare; capacità particolarmente sviluppata nel bambino. Il mondo virtuale, in qualche modo, rimanda alle metafore del mondo onirico ed alla magia trasformativa infantile.
La destrezza elettronica dei piccoli, poi, è correlata alla fascinazione di agire sul reale, anche se virtuale. Ognuno di noi, in fondo, vorrebbe trasformare in modo rapido e senza fatica il mondo, soddisfacendo i propri desideri. Nel processo vitale però si apprende, attraverso l’esperienza reale e corporea, come questa trasformazione della realtà richieda, laddove possibile, un investimento talvolta notevole di tempo e d’energia. Il processo inoltre non è sempre lineare e la possibilità di frustrazione o di ricalibratura del desiderio è sempre in agguato.
I limiti imposti dal reale costringono e ridimensionano, insomma, l’originaria onnipotenza del desiderio. Pensiamo a cosa potrebbe succedere se, come nella famosa favola di Re Mida, tutto si trasformasse immediatamente in oro al nostro semplice contatto?
In un certo senso alcuni strumenti telematici permettono la soddisfazione immediata dei nostri desideri e, in alcuni casi, le sensazioni e le emozioni da questi indotti non hanno il tempo sufficiente per essere riconosciute ed elaborate. Talvolta si arriva, come per il povero Re Mida, alla vera e propria depersonalizzazione ed alla perdita di contatto con la propria corporeità.
L’utilizzo dei computer attiva, attraverso il canale visivo-oculare, le aree cerebrali cognitive; aree (o meglio circuiti funzionali cerebrali) biologicamente connesse con quelle emozionali e sensoriali.
E’ stato McLean2, attraverso il suo modello neuro-fisiologico della stratificazione cerebrale, ad evidenziare le continue integrazioni e connessioni tra le varie aree cerebrali. Al tempo stesso, però, le varie aree mantengono una propria specializzazione funzionale, propri tempi di reazione e propri ritmi, determinati su base biologica.
Sappiamo come, nel mammifero umano, si sia sviluppata in particolare l’area cerebrale prefrontale, deputata soprattutto alle funzioni cognitive. La raffinata possibilità evolutiva di potersi progettare nel tempo e nello spazio ci ha permesso, in qualche modo, di poter superare gli angusti confini della propria esistenza. Se questa funzione da un lato ha permesso all’uomo l’evoluzione ed il progresso scientifico, dall’altra rischia di fargli perdere il contatto con il proprio substrato biologico.
Ogni risposta umana (di tipo cognitivo, emozionale, sensoriale) ha perciò dei propri tempi per essere attivata e dei propri ritmi espressivi; una propria sostenibilità insomma. Allo stesso modo anche le diverse aree corporee esprimono tempi e ritmi differenziati, anche se tra loro armonizzati.
Il modello e la metodologia reichiana applicati alla psicoterapia, in particolare l’utilizzo della vegeto-terapia carattero-analitica3 evidenziano proprio questi differenti ritmi biologici (ritmo respiratorio, cardiaco, motorio, ecc.); la loro integrazione e la loro armonia. E’ esperienza comune che quando un ritmo biologico si modifica in modo significativo, altre funzioni si alterano di conseguenza, allo scopo di riequilibrare il sistema dinamico.
Pensiamo, per esempio, a cosa succede quando siamo assaliti dall’emozione della paura. Vengono alterati diversi indici fisiologici (tachicardia, modificazione del ritmo respiratorio, ecc.); al tempo stesso causa ed effetto dello stimolo dell’emozione della paura. Un comportamento di fuga/allontanamento dall’oggetto fobico produce un riassestamento dei ritmi respiratorio e cardiaco, attraverso un investimento energetico motorio. In questo modo il sistema vivente si riequilibra, senza perdere la propria vitalità.
Cha cosa potrebbe succedere, però, quando l’organismo non si concede il tempo della risposta biologica, il tempo per riconoscere ed elaborare la stessa e quindi la possibilità di riequilibrare il sistema?
Si possono esprimere disfunzionalità che, in certi casi e per intervalli significativi, possono manifestarsi come vere proprie patologie (fisiche, psichiche, psicosomatiche).
L’uso dei computer, in particolare per esempio le comunicazioni tramite e-mail, ha indubbiamente permesso di migliorare la qualità della nostra vita, riducendo drasticamente le distanze ed i tempi delle nostre comunicazioni. Con il loro uso sempre più indiscriminato, però, se da un lato è divenuta sempre più importante la dimensione corticale-cognitiva (recettori visivi-uditivi); dall’altra viene sempre più relegata sullo sfondo quella emozionale ed istintuale (recettori olfattivi e tattili).
O meglio; i recettori sensoriali, spesso caoticamente iperstimolati dallo strumento tecnologico, non vengono spesso ascoltati, anche quando esprimono dei chiari segni di disagio…l’asse conoscere/vedere è spesso privilegiato rispetto all’asse sentire/percepire. L’uso della tecnologia è stata storicamente vista con diffidenza e talvolta osteggiata; lo stesso Heidegger4 identifica la tecnica (“technè”) alla violenza.
Questa considerazione non ci deve certamente far assumere posizioni di tipo luddistico5, ma non dovremmo abdicare, però, dal compito scientifico, culturale ed etico di riflettere sull’utilizzo improprio degli strumenti telematici e dei computer. Si è detto come la distanza tra i tempi/ritmi cognitivi e quelli biologici emozionali rappresenta una variabile significativa per un’analisi del fenomeno e ricerche di tipo neuro-fisiologico sono state fatte in tal senso… Da sola però non ci permette di discriminare tra “uso normale” ed “uso patologico” dello strumento.
Dovremmo necessariamente allargare il nostro campo d’osservazione, utilizzando un’ottica di tipo sistemico. E’, infatti, l’isolamento tra la diade individuo/strumento ed il mondo reale che costituisce il principale fattore di rischio; piuttosto che la mera quantità d’ore passate davanti al computer. Parafrasando Bateson6 sappiamo come: “La mappa non è il territorio, ma solo una rappresentazione dello stesso”. Ma, senza un concreto attraversamento del territorio, potremmo cadere in questa illusione.
L’esclusione dell’esperienza diretta e quindi dell’apprendimento attraverso la stessa, alla base del nostro processo evolutivo, può talvolta mascherare eventuali nostre difficoltà di tipo relazionale, attraverso un meccanismo di compensazione orale. Paradossalmente, quindi, i computer, ed in particolare l’utilizzo delle chat-line, possono trasformarsi da strumento che facilita il contatto a strumento di difesa che tende ad escluderlo ed a mettere in disparte la sensorialità del corpo. L’illusione è di poter controllare le proprie risposte emotive attraverso la previsione intelligente delle risposte altrui. Ma è proprio la reazione sensoriale, spesso imprevedibile, ad avvicinarci al “senso di esistere” ed alla piacevolezza.
Nel film “Will Haunting”7 l’analista Sean (Roby Williams) dice al giovane Will (il “genio ribelle”): “Tu conoscerai tutte le opere di Michelangelo, la storia della sua vita…ma non hai mai sentito l’odore che si respira all’interno della Cappella Sistina, con il capo rivolto a quel fantastico soffitto”.