Il paradigma reichiano nasce allorchè nell’orizzonte di Wilhelm Reich, nel corso del suo progressivo allontanamento da Freud, diventa sempre più chiaro che il far divenire conscio l’inconscio eliminando le resistenze erette al rimosso, non è sufficiente a realizzare la guarigione.
Fra le varie resistenze incontrate nei trattamenti analitici Reich aveva notato che un gruppo particolare di esse non si distingueva per il contenuto, ma per il modo specifico di agire e di reagire dell’analizzato: si trattava delle resistenze caratteriali.
Tutte le analisi dunque dovevano necessariamente passare per un’analisi del carattere, considerando che tutti i sintomi si formano su una base caratteriale, che il carattere traspare dal comportamento generale dell’individuo e che esso si è formato nel corso dei primi anni di vita.
Il carattere è il modo di essere specifico di una persona ed esprime tutto il suo passato, impiega anni a formarsi e non è facile a distinguersi dai sintomi.
Il complesso dei tratti caratteriali si rivela come un meccanismo di protezione compatto contro gli sforzi terapeutici dell’analista, è un’armatura che protegge il soggetto contro gli stimoli che provengono dal mondo esterno e dal suo inconscio.
Per questi motivi Reich giunge alla conclusione che esso esercita una funzione economica.
Le conseguenze di questi dati sono di fatto molto importanti per la tecnica dell’analisi della resistenza caratteriale. L’analista cerca di risvegliare l’interesse della persona verso i tratti del suo carattere, per essere in grado con la sua collaborazione di esplorarne l’origine ed analizzarne il significato. Le mostra, per quanto è possibile, i legami tra carattere e sintomi.
All’inizio questo modo di procedere non è differente dall’analisi di un sintomo. Ciò che aggiunge l’analisi del carattere è l’isolamento del tratto caratteriale, il confronto continuo della persona con esso, finché non giunga a vederlo obiettivamente e a considerarlo un fastidioso sintomo. Infatti distanziando e oggettivando il tratto caratteriale questo comincia ad essere percepito come un corpo estraneo di cui la persona desidera liberarsi.
L’analista partendo dalle resistenze che si possono cogliere dal comportamento generale della persona, risale alle esperienze infantili dimenticate e quando queste vengono messe in luce diventa possibile comprendere la genesi dei fenomeni nevrotici caratteriali e farli scomparire, proprio come se si trattasse di sintomi.
Riteniamo questo passaggio dal sintomo al tratto, un passaggio evolutivo straordinario, porta con sé infatti l’engramma della posizione sistemica, olistica, che ha come prospettiva ottimale tutto l’arco dell’esistenza del vivente uomo: non può prescindere dalla vita prenatale, dal concepimento in poi, ed esamina le discontinuità dell’arco vitale considerando le diverse configurazioni di sviluppo, le condizioni della storia individuale, gli eventi e le chiavi dei vissuti che determinano le strutturazioni caratteriali e le deviazioni dalla norma.
Il carattere ha una funzione sessuoeconomica, espressione che sta ad indicare il modo in cui la libido viene organizzata dall’organismo e venne organizzata nelle varie fasi dello sviluppo nei rispettivi livelli corporei.
I principi della sessuoeconomia e del carattere come sistema aprono necessariamente la via ad una concezione energetica e globale di tutti i fondamentali processi vitali, normali o patologici che siano.
Una concezione energetica e globale “non è tanto”, per usare le parole di Dadoun, “il nome di un principio o di una teoria e meno ancora una visione filosofica, quanto piuttosto la designazione globale di un campo unitario di indagine (R. Dadoun, Cento fiori per Wilhelm Reich. Marsilio 1976). Va da sé quindi che una concezione energetica dell’esistenza deve parlare un linguaggio che vada d’accordo con un approccio sistemico alla realtà.
E’ il codice energetico-sistemico (All.1)
Sul piano clinico quindi il concetto di salute psichica si collega coerentemente a quello di pulsazione energetica di tutto l’organismo, giustificando il progressivo distacco di Reich dallo psicologismo insito nel pensiero Freudiano riguardo il campo delle scienze naturali.
Dal saggio sul masochismo (W. Reich,etc.) prende le mosse anche sul piano clinico l’integrazione di Reich della tecnica dell’analisi caratteriale con la vegetoterapia caratteroanalitica.
Essa è una metodologia, approfondita e sistematizzata in seguito da Ola Raknes, e da Federico Navarro, che, informandosi al Sistema Nervoso Vegetativo, da cui il nome, al sistema muscolare, al sistema neuroendocrino ed alla pulsazione energetica, espressioni più dirette ed analogiche della vita emotiva, affettiva ed istintiva, opera:
-sul corpo con actings per favorire una distribuzione più “sessuoeconomica” della libido
-sulla psiche grazie ad un’analisi del carattere emergente dal linguaggio del corpo.
Il linguaggio del corpo è forse la dimensione più significativa cui si fa riferimento nell’ Analisi Reichiana, ma è chiaro che esso si accompagna a tutti gli altri dati (dai sogni ai lapsus, dai simboli alle metafore, dalla vita fantasmatica alle fantasie liberatorie ecc.) del “come ” espressivo del paziente nel setting. Espressivo dei suoi segni incisi, ovvero dei suoi tratti caratteriali. E in un’accezione larga che si informa al principio di identità funzionale, carattere è da intendersi come carattere psicologico, muscolare, neuroendocrino, neurovegetativo.
La vegetoterapia caratteroanalitica scandisce le fasi dell’analisi e della crescita nelle sue varie tappe evolutive, con insights su insights energetico-emozionali; è il comprendere-capire appoggiato sul sentire. Essa propone al soggetto di ripercorrere attraverso progressivi e specifici actings sull’intero suo organismo l’esperienza del suo sviluppo psicoaffettivo e della sua maturazione emozionale.
Essa tende all’eutono muscolare, a riequilibrare il sistema vago-simpatico ed il sistema neuroendocrino: favorisce l’emersione di sensazioni ed emozioni che costituiscono espressioni proprie del linguaggio del corpo e messaggi necessari per la lettura degli aspetti personologici.
La verbalizzazione delle sensazioni, delle emozioni e delle associazioni libere prodotte e il coglierne gli indicatori essenziali sistemici e relazionali (ovvero gli engrammi basici della persona) rappresentano il momento successivo.
Privilegiando temporalmente nella metodologia il sentire al capire, secondo noi è rispettata l’organizzazione fisiologica e cronologica dell’essere: le modalità di sviluppo e crescita infatti, confermano che il primo periodo di ogni persona, il preverbale, è precipuamente emotivo, con manifestazioni di piacere-espansione e di dolore-contrazione, e che successivo è il periodo verbale con la progressiva corticalizzazione, espressione diretta del precedente momento. Condividamo l’ipotesi di Mc Lean sulla teoria filogenetica dei tre cervelli e riteniamo, per dirla con Haeckel, molto verosimile anche la sua riproposizione ontogenetica, in una articolazione tra progressiva dominanza dei tre cervelli, fasi evolutive di sviluppo, livelli reichiani corrispondenti e paralleli tratti di carattere.
(Vedi: G. Ferri, G. Cimini Psicopatologia e carattere. Una lettura reichiana. Anicia 1992)
L’ultimo sviluppo della ricerca nel paradigma reichiano apportato dalla “quarta generazione” (S.I.A.R.), è l’analisi del carattere della relazione. Con uno strumento “marker” reichiano quale appunto l’analisi del carattere, allarghiamo l’orizzonte sul sistema analista-analizzato e monitoriamo la diade nella sua specifica relazione di tratto caratteriale e nel suo specifico stadio evolutivo.
Significa fare un passaggio verso i sistemi complessi, e considerare il setting una forma vivente, un sistema autopoietico con diversi stadi e livelli di organizzazione, che nasce dall’incontro fra i frattali dell’analista e i frattali dell’analizzato, in cui non viene agito esclusivamente il movimento dell’analizzato, ma anche il movimento dell’analista
E’ un articolare contenente/contenuto, diade/monade, analisi/terapia nella doppia direzionalità in cui il contenente, con la sua architettura, è il riferimento privilegiato. Allora il contenente relazionale dovrà essere definito dalla corretta posizione e dal corretto “come” dell’analista, necessario per lo stabilirsi di un controtransfert di tratto funzionale al disturbo da curare e allo specifico assetto temperamentale caratterologico dell’analizzato.
Un analista non può essere uno specchio neutro, ha sempre in ogni caso una posizione ed un come.
La corretta posizione è la collocazione empatica dinamica e funzionale da parte dell’analista sul tratto della propria personalità su cui può incontrare e contattare l’analizzato e muoverlo dalla sua fissazione.
Il come è l’espressione analogica della posizione e solo se ad essa sintonico, crea un’atmosfera di campo per degli insight evolutivi o catartici dell’altro.
La coscienza della posizione e del come da parte dell’analista è la coscienza dell’agire di un formidabile mezzo terapeutico: il controtransfert di tratto.
Gli indicatori di un controtransfert di tratto non sono solamente psicologici, ma sono anche empatici, corporei, emozionali, disposti in maniera sottosistemica e segmentaria appartenenti a un sé globale, che funziona come un tutto integrato. Essi ci permettono non solamente di sapere dove si trova l’altro, non solamente di sapere dove ci troviamo noi, ma di sapere a che stadio si trova la relazione, e che tipo di evoluzione stiamo facendo.
Gli indicatori controtransferali di livello corporeo permettono all’analista il meta assetto, ovvero la possibilità di modificare la propria “posizione”, per cui la relazione può muoversi, lo stadio della relazione modificarsi, il carattere della relazione evolvere.
E’ presente in questa accezione di controtransfert di tratto una dimensione di progetto, di flessibilità della posizione analitica, di interdipendenza delle parti con conservazione della diversità delle stesse, che permette un movimento neghentropico, cioè un movimento di salita vitale, di organizzazione dell’evoluzione, o meglio di co-evoluzione.
Sottolineiamo co-evoluzione e la validiamo su tre forme:
non è sufficiente che ci sia un’evoluzione neghentropica solo dell’analizzato, come non è sufficiente che ci sia anche quella dell’analista, ma è fondamentale che ci sia l’evoluzione della relazione analista-analizzato.
(G. Ferri G. Cimini: Analytical setting: time, relation and complexity. In: Tempos in Science and Nature: Structures, relation, and complexity. Annals of The New York Academy of Sciences,Vol 879, July 1999)
ALL.1
Il codice energetico sistemico
Le fondamenta dell’intero Codice Energetico Sistemico sono nell’unità psicobiologica dell’individuo.
L’esistenza dell’individuo è scandita da eventi che ne segnano l’evoluzione e ne guidano il movimento, dalla fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo alla massima espansione della persona adulta con tutte le relazioni vissute con l’Altro da Sé.
Questo processo avviene attraverso sei fondamentali fasi evolutive: due intrauterine e quattro extrauterine. Ciascuna di queste fasi è caratterizzata da fenomeni specifici che hanno insieme valenze biofisiologiche, emozionali – affettive e intellettive.
La loro forza e il loro significato positivo o negativo lascerà un segno nel carattere dell’individuo. Il carattere della persona, il suo modo di funzionare nelle situazioni di vita in cui verrà a trovarsi, saranno “colorate” dalle caratteristiche di quella fase evolutiva che avrà avuto significato nella sua storia. Questo processo viene chiamato “fissazione in una fase”.
Nel Codice Energetico Sistemico elaborato da G. Ferri e G. Cimini l’uomo viene definito come un nucleo di energia cosmica focalizzato, molto organizzato e specializzato, immerso in un sistema più vasto di campi energetici in relazione tra loro.
Dall’assunzione dei concetti di energia e di campo energetico, si procede quindi mettendo in relazione parametri che provengono da ricerche disciplinari diverse tra loro, ma che non si escludono l’un l’altra. In particolare:
– in ambito psicoanalitico, il funzionalismo reichiano con i concetti di energia, armatura caratteriale e blocchi nella struttura del corpo in relazione alle fissazioni di fase.
– In ambito matematico e fisico, la teoria della complessità che guarda il mondo come interrelazione e interdipendenza di tutte le sue componenti, che sono tra loro in equilibrio flessibile e aperto al mutamento. Sistemi cioè, che hanno la caratteristica di essere in sé autonomi e nello stesso tempo in relazione con un sistema più ampio che li contiene.
– In ambito neurofisiologico, il modello dei cervelli stratificati di MacLean: il rettiliano, il più arcaico; il limbico, che aggiunge la dimensione affettivo-emotiva; e infine la neocortex, con le funzioni superiori di astrazione, conoscenza e coscienza.
Le sei fasi evolutive.
· La prima è la fase intrauterina dell’energia autogena: ha inizio nella fecondazione e termina nell’annidamento dell’embrione nella parete uterina. Il quantum energetico dipende dall’energia dell’ovulo e dello spermatozoo, e sarà tanto più potente quanto più sarà stato vitale il loro incontro e quindi la relazione di coppia da cui provengono.
Il nuovo piccolo nucleo energetico naviga per sette giorni all’interno del primo circuito funzionale Sé – Altro da Sé; il suo campo energetico incontra, cioè, il campo energetico dei liquidi dell’utero materno; incontra il campo – madre, quello che viene chiamato il primo campo.
· La seconda fase intrauterina è quella trofo-ombelicale; i confini di inizio e termine sono l’annidamento dell’embrione nella parete uterina sette giorni dopo la fecondazione, e il parto.
Questa è forse la fase decisiva della vita di un essere. A poco a poco si forma il funicolo ombelicale che diviene l’asse portante, il fiume dell’energia materno-fetale.
Così fino al parto, che é un nuovo punto di passaggio funzionale ad un altro stato di energia.
· Il parto è il punto di separazione dalla fase trofo-ombelicale e approdo in quella orolabiale, che è quindi la terza fase. Questa arriva fino alla comparsa dei primi denti, che sono la manifestazione di un’aumentata energia e di aumentate esigenze. In questa fase il piccolo inizia a incontrare il secondo campo: il padre, la famiglia, mentre modifica la sua relazione con il campo madre, che non è più utero, ma seno. C’è l’esperienza di essere ancora untiti, ma di riconoscersi anche separati: Sé – Altro da Sé.
· Lo svezzamento ci introduce nella quarta fase, la fase muscolare, con il passaggio dalla suzione alla masticazione, la conquista della posizione eretta e della deambulazione, il controllo sfinterico e la progressiva elaborazione del pensiero e del linguaggio. Si consolida la relazione con il secondo campo (famiglia).
· Dalla erotizzazione genitale alla pubertà si sviluppa la quinta fase, che chiamiamo prima fase genito – oculare. La quantità e la qualità energetica della persona sono progressivamente cresciute e giungono ora a potenziare il bacino: aumenta l’eccitazione dei genitali ed è privilegiato il rapporto con il genitore dell’altro sesso (le cosiddette dinamiche edipiche). La grande prevalenza della neocortex, con le sue conseguenze culturali, sposta questa enorme quantità di energia verso l’alto, verso gli occhi, cioè verso la coscienza di sé. Questa riteniamo sia la causa del periodo di latenza, di silenzio genitale di questa fase.
· La sesta e ultima fase evolutiva va dalla pubertà alla maturità: è la seconda fase genito – oculare. Ha caratteristiche simili a quelle della fase precedente, ma con un quantum energetico ancora più grande.
L’evoluzione sana e funzionale di una persona attraverso le sei fasi permetterà di mettere in relazione la grande energia del bacino che si esprime nella sessualità con la grande energia del campo visivo, del campo di coscienza.
Il fluire dell’energia dal bacino agli occhi e dagli occhi al bacino, darà il benessere della persona. Il suo campo energetico potrà quindi incontrare altri campi energetici avendone consapevolezza e sentendo il piacere o il dolore che ne derivano.(Adami L. – Pompei M.: Analisi Lirica: Anicia 1994 – Appendice)